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Università USA ribollono per Gaza, arresti di massa

Tensione altissima - Polizia a Yale, Columbia, NYU - Non succedeva dal ‘68, dagli anni del Vietnam - Biden: “Condanno proteste antisemite e chi non capisce i palestinesi”

  • 23 aprile, 21:21
  • 24 aprile, 08:47

USA, la protesta infiamma i campus universitari

Telegiornale 23.04.2024, 20:00

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Di: ATS/TG/RSI Info

Arresti di massa nei campus statunitensi mentre le proteste pro-Palestina infiammano le più prestigiose università USA. Dalla Columbia a Harvard e Yale, da Berkeley a Princeton, MIT, Stanford e all’Università del Michigan, gli studenti sono scesi in piazza contro la situazione a Gaza, con la polizia ripetutamente chiamata a sgomberare tende e ammanettare gli occupanti. Non succedeva dal ‘68, dagli anni bui delle proteste contro la guerra in Vietnam.

Columbia, dove a lungo ha insegnato l’intellettuale americano-palestinese Edward Said, è di nuovo l’epicentro della protesta, proprio come mezzo secolo fa. Molti degli studenti che occupano il campus sono ebrei: ieri, per l’inizio della Pasqua ebraica, hanno celebrato con riferimenti alle sofferenze dei palestinesi a Gaza. Mentre centinaia di professori non sono andati in classe in solidarietà con gli oltre 100 arrestati di giovedì quando la polizia, chiamata dalla presidente Minouche Shafik, ha sgomberato il campus con la forza. Da oggi, per ragioni di sicurezza, gli studenti che non vorranno recarsi fisicamente in aula potranno seguire le lezioni in remoto fino alla fine del semestre: la decisione ha scandalizzato alcuni genitori, determinati a chiedere il rimborso di parte della retta.

Le proteste contro la guerra a Gaza, diffuse dalla Columbia e Yale alle altre università statunitensi, hanno portato nella notte ad arresti di massa. Almeno 100 manifestanti sono stati arrestati dalla polizia alla New York University (NYU). Nelle fasi più calde dell’operazione gli agenti hanno usato spray al pepe contro i manifestanti e a loro volta sono stati presi a bottigliate.

Secondo i media USA (che riprendono una nota dell’ateneo), nel campus della Yale University a New Haven, nel Connecticut, le autorità hanno arrestato almeno 47 persone che chiedevano all’ateneo di disinvestire da aziende con legami con Israele. Gli studenti arrestati verranno sottoposti, sostiene l’ateneo, ad azioni disciplinari. E per la prima volta in oltre 50 anni le autorità della Columbia University, a New York, hanno chiamato la polizia per rispondere alle proteste studentesche sul campus. Le forze dell’ordine hanno arrestato manifestanti pro-palestinesi, mentre altri studenti sono stati sospesi: tra questi Isra Hirsi, la figlia della deputata democratica Ilhan Omar e una delle liberal del Congresso. Gli arresti sono arrivati all’indomani dell’audizione a Capitol Hill della presidente della Columbia University, Minouche Safik, che, sotto torchio dei deputati repubblicani, si era impegnata ieri a contenere le contestazioni. Era la prima volta in oltre mezzo secolo che l’ateneo chiamava la polizia per reprimere proteste. Nel 1968 le forze dell’ordine usarono i gas, un centinaio di studenti rimasero feriti e circa 700 finirono al commissariato. Stavolta sono stati fermati una settantina di studenti che avevano montato un accampamento di tende davanti alla storica Butler Library. “Stamani ho preso una decisione che speravo non sarebbe stata necessaria”, ha dichiarato la Safik: “Ho sempre detto che la sicurezza di questa comunità è al primo posto nella mia agenda. Per abbondanza di cautela ho autorizzato la polizia a demolire l’accampamento. Ho preso questa decisione straordinaria perché queste sono circostanze straordinarie”, ha aggiunto la presidente.

“Possono minacciarci quanto vogliono, ma questo porterà soltanto a ulteriori mobilitazioni”, ha detto Maryam Alwan, una delle organizzatrici della protesta.

L’escalation pone una sfida diretta alla Safik che, nel corso dell’audizione alla Camera dei Rappresentanti, ha ammesso che alcuni degli slogan gridati nelle proteste erano antisemiti. Per i vertici della Columbia, così come per altre università, è in gioco un delicato equilibrio tra la difesa del principio della libertà di espressione degli studenti e la protezione degli altri allievi da affermazioni che i leader accademici giudicano discriminatorie e offensive.

Una ventina di tende sono state innalzate oggi sul campus del MIT mentre per prevenire arresti di manifestanti come quelli alla Columbia University e a Yale, anche Harvard ha ristretto l’ingresso al campus fino a venerdì. La decisione, di cui dà notizia l’Harvard Crimson - è stata presa in vista di possibili proteste di solidarietà con gli allievi di altri atenei finiti in manette per aver dimostrato per la causa palestinese. Secondo l’Harvard Crimson, i leader di Harvard vogliono evitare scene come quelle della Columbia dove la scorsa settimana oltre 100 studenti sono stati arrestati per aver partecipato all’occupazione del campus. Un annuncio affisso agli ingresso dell’Harvard Yard (dove usualmente l’accesso è libero al pubblico) minaccia misure disciplinari contro studenti di Harvard o loro amici che portino sul campus strutture non autorizzate come tavoli o tende o blocchino l’accesso agli edifici.

L’University of Southern California ha revocato tutti gli interventi di personalità alla cerimonia delle lauree, tra cui quello del regista di Crazy Rich Asians, Jon Chu, sulla scia della decisione di non far parlare la studentessa pro-palestinese Asna Tabassun, inizialmente invitata perché quella con i voti più alti della sua classe. “Vista la pubblicità data alle circostanze delle nostre lauree” abbiamo deciso di lasciar liberi tutti gli oratori esterni all’ateneo”, ha fatto sapere l’università. Chu e gli altri vip invitati alla cerimonia di maggio avrebbero dovuto ricevere lauree ad honorem che “saranno conferite in altre date”. Chu, ex alunno di Usc, era stato invitato in marzo alla cerimonia del 10 maggio, dove era previsto un pubblico di 65’000 persone. L’università aveva motivato la retromarcia sull’invito alla Tabassun adducendo “motivi di sicurezza” e poi citato non meglio precisate minacce alla sua incolumità per via delle sue opinioni pro-palestinesi.

Malgrado gli arresti e le azioni disciplinari decise dall’ateneo, intanto, gli studenti pro Palestina continuano a restare accampati davanti alla Columbia University. Lo stesso succede in altri campus statunitensi come Yale, MIT, Berkeley, dove si continua a manifestare per la libertà d’espressione e contro la guerra condotta da Israele a Gaza. “Vogliamo avere visibilità, l’università deve rispondere alle nostre richieste. Deve smettere di fare investimenti in aziende che alimentano il genocidio che sta avvenendo a Gaza”, spiega un manifestante alle telecamere della RSI.

Docenti della Columbia preparano censura dopo gli arresti degli studenti pro Palestina

Intanto la presidente della Columbia University, Minouche Shafik, rischia un voto di censura da parte del Senato accademico per aver chiamato la polizia sul campus dell’ateneo. Il voto potrebbe arrivare già dopodomani: una doppia reazione a quanto da lei detto al Congresso americano in un’audizione sull’antisemitismo nelle università e alla controversa decisione di ricorrere alle forze dell’ordine per reprimere una protesta propalestinese sul campus di Morningside Heights, che ha portato al fermo di oltre 100 studenti. La bozza di risoluzione accusa la Shafik di aver violato “i requisiti fondamentali della libertà accademica” ignorando il parere del corpo docente e mettendo in atto “un assalto senza precedente ai diritti degli studenti”. La risoluzione deve essere presentata da due membri del corpo insegnante della Columbia - 111 professori - ed esplicitamente afferma che non è un appello per le dimissioni dell’economista di origine egiziana, chiamata solo pochi mesi fa al timone dell’ateneo Ivy League di New York.

Il miliardario Kraft ritira il sostegno finanziario alla Columbia: “Non protegge studenti ebrei”

La risoluzione arriva mentre le polemiche sulle proteste alla Columbia crescono. Il miliardario filo-israeliano Robert Kraft (il padrone dei Patriots di football) ha ritirato il suo sostegno finanziario “avendo perso la fiducia” nelle capacità della scuola di proteggere i suoi studenti ebrei: “Sono profondamente preoccupato per il livello di odio che continua a crescere sul campus e nel Paese”, ha detto Kraft, che è un ex alunno della Columbia.

Mentre i dirigenti universitari sono presi nella morsa tra chi chiede misure forti contro l’antisemitismo, e chi condanna gli arresti e ogni limitazione alla libertà d’espressione, dai campus infuocati alla politica il passo è breve. Il tema è uno di quelli caldissimi anche in vista delle presidenziali di novembre.

Ora si teme un’estate calda, con potenziali ripercussioni sulla convention Democratica di Chicago: si svolgerà nella stessa metropoli dove, 56 anni fa, decine di migliaia di manifestanti contro la guerra si scontrarono con le forze dell’ordine. E i Democratici, senza un candidato forte dopo la rinuncia di Lyndon Johnson, finirono per perdere le elezioni di novembre.

È quel che teme il presidente Joe Biden, entrato nella polemica cercando di mantenere l’equidistanza tra le parti: “Condanno le proteste antisemite nelle università”, ha detto, ma anche “coloro che non capiscono cosa sta succedendo ai palestinesi”.

A 200 giorni dall’inizio della guerra intanto il portavoce delle Brigate al-Qassam di Hamas, Abu Obeida, ha fatto appello per un’escalation su tutti i fronti contro Israele (“i sionisti stanno cercando di convincere il mondo di averci eliminato, ma è una bugia”, ha detto Abu Obeida ad al Jazeera) mentre l’ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha chiesto un’indagine internazionale sulle fosse comuni scoperte nei due principali ospedali della Striscia e si è detto “inorridito” dalla distruzione dell’ospedale Shifa di Gaza City e del complesso medico Nasser di Khan Yunis.

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