Le elezioni più importanti degli ultimi 20 anni in Venezuela finiscono in un clima di forte contestazione, con l’opposizione che protesta e non riconosce i risultati dati dall’organo elettorale e il Governo che minaccia ritorsioni contro chiunque gli vada contro.
Venezuela, Maduro rieletto presidente
L’annuncio del CNE è arrivato a sei ore dalla chiusura dei seggi, dopo che i dirigenti della piattaforma unita antigovernativa avevano denunciato l’impossibilità di controllare i report dei voti che ogni sezione deve mandare al centro centrale di computo. La notizia della vittoria del presidente Nicolas Maduro, che secondo lo spoglio ufficiale avrebbe superato di circa 700’000 voti lo sfidante Edmundo Gonzalez Urrutia, ha fatto crollare le speranze di chi era andato a votare pensando in un cambio di sistema politica dopo 25 anni di chavismo.
“Un broglio pazzesco”
Mentre Maduro festeggiava dal Palazzo di Miraflores, la leader popolare Maria Corina Machado dichiarava al mondo che era in corso un broglio gigantesco. “Un atto di sfacciataggine inaudito che non rispecchia la volontà popolare. Dai nostri calcoli e dagli exit polls di ben quattro istituti di ricerca indipendenti risulta che Edmundo Gonzalez ha vinto col 70% dei voti contro il 30% di Maduro. Dimostreremo al mondo la verità”. Come già successo in passato, il voto ha un seguito che verrà giocato sì a Caracas, ma anche nel seno della comunità internazionale. Gli Stati Uniti non hanno riconosciuto l’esito del voto, così come i governi di Cile, Uruguay, Costarica e Perù. Il Brasile di Lula e la Colombia del progressista Gustavo Petro sono rimasti in silenzio, si attende una più che probabile condanna da parte dell’Unione Europea.
Se le incertezze prima del voto erano molte, sono maggiori le incognite su quello che può succedere d’ora in avanti. Maduro è più isolato che in passato, al suo fianco restano gli storici alleati latinoamericani Cuba, Bolivia e Nicaragua, la Russia di Putin, l’Iran, la Turchia e la Cina, principale partner commerciale. Ci si può aspettare un ritorno delle sanzioni, che colpiscono soprattutto lo strategico settore petrolifero. Sul fronte opposto è prevedibile una stretta sulla censura e sul controllo delle forme di dissenso. Nessuno sa, però, se la mano dura potrà servire per mettere a tacere un malcontento che la giornata elettorale ha ampiamente dimostrato.
Scontri e incidenti isolati
In diverse città e centri rurali si sono viste lunghe code di elettori chiedendo un cambio di Governo, ci sono già stati scontri e incidenti isolati, la Machado ha chiamato a nuove manifestazioni pacifiche. Il Venezuela ha conosciuto in passato una stagione di violente proteste con morti in piazza e ci sono tuttora 300 prigionieri politici in carcere. Molti giovani, probabilmente, sceglieranno di andarsene, raggiungendo famigliari all’estero. La gigantesca diaspora di quasi otto milioni di persone è destinata ad allargarsi e questo preoccupa i paesi di destinazione, in Centro e Sudamerica e negli USA. Sia Maduro che l’opposizione hanno usato molto la parola pace durante la campagna. Ma i tempi futuri, purtroppo, sono destinati ad essere molto turbolenti.
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