L’analisi

Vienna, all’ombra di Putin

Austria e Russia storicamente hanno un legame stretto, anche nel settore energetico; un rapporto che si è trasformato nel tempo, secondo inchieste, in vere e proprie interferenze

  • 22 marzo, 05:32
  • 26 aprile, 18:20
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Il cancelliere Karl Nehammer

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Di: Stefano Grazioli 

Le elezioni parlamentari austriache si terranno il prossimo autunno, la campagna elettorale non è ancora iniziata, ma sembra avere già un suo protagonista, Vladimir Putin, appena rientrato per la quinta volta al Cremlino dopo il voto plebiscitario della scorsa settimana. Non è un caso: l’Austria rappresenta un’eccezione all’interno dei paesi dell’Unione Europea, visto che insieme a Malta, Cipro e l’Irlanda non fa parte dell’Alleanza Atlantica; inoltre è nata ufficialmente nel 1955 con il Trattato per la reistituzione dell’Austria indipendente e democratica siglato dalle potenze alleate e dall’allora Unione Sovietica. Già agli anni Sessanta e Settanta risale poi la stretta cooperazione energetica con Mosca e la costruzione del gasdotto che collega ancora oggi Russia e Austria.

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Herbert Kickl

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Il rapporto tra Vienna e Mosca è sempre quindi stato molto stretto e condizionato appunto dalle basi storiche. Le relazioni austro-russe si sono così sviluppate nel corso dei decenni su binari di forte cooperazione, almeno sino alla prima crisi ucraina del 2014 e all’invasione dell’ex repubblica sovietica nel 2022. Alla vigilia delle elezioni europee in calendario a giugno e del successivo voto al Nationalrat, il parlamento austriaco, la questione russa e l’ombra di Putin sono tornate a giocare un ruolo destabilizzante nella Repubblica austriaca.

I giochi di spie

Le vicende delle ultime settimane hanno provocato a Vienna qualche preoccupazione, nella cornice che vede il Paese guidato da Karl Nehammer, il cancelliere del Partito popolare ÖVP, che governa in coalizione con i Verdi. Il maggior partito d’opposizione è invece la FPÖ, formazione di destra nazionalpopulista, guidata da Herbert Kickl, che secondo i sondaggi alle prossime elezioni potrebbe ottenere il primo posto con circa il 30% dei voti e che soprattutto ha avuto negli anni passati rapporti stretti con il Cremlino. Si è passati dunque dall’episodio dell’espulsione di due funzionari dell’Ambasciata russa, sospettati di essere delle spie, alle inchieste giornalistiche che tra Austria e Germania hanno svelato le opache connessioni tra Vienna e Mosca. Prima il settimanale tedesco Spiegel e il quotidiano austriaco Standard hanno documentato dettagliatamente i contatti sottotraccia di funzionari dell’apparato di sicurezza austriaco con la Russia nel caso di Jan Marsalek, ex manager di Wirecard, società tedesca andata in fallimento lasciando buchi miliardari, e soprattutto sospettato di essere uno spione di Mosca.

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Sebastian Kurz

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Poi il magazine di Vienna Falter ha pubblicato due inchieste scottanti: nella prima, basata su un dossier riservato fatto arrivare al giornale, e intitolata “Gli aiutanti di Putin a Vienna”, vengono descritti i legami tra politici della FPÖ ed esponenti dell’amministrazione austriaca con rappresentanti russi a loro volta vicini ai servizi segreti di Mosca. La seconda inchiesta riguarda invece il predecessore di Nehammer, Sebastian Kurz, e le sue relazioni con il Cremlino, almeno sino a quando il governo di centrodestra formato da ÖVP e FPÖ non è crollato nel 2019 dopo lo scandalo denominato Ibizagate. L’evidenza di protocolli svelati da Falter mostrerebbe che Kurz, cancelliere tra il 2017 e il 2021, cioè nel periodo successivo all’annessione della Crimea e all’avvio della prima guerra nel Donbass, avrebbe accelerato la cooperazione con la Russia proprio nel settore energetico, facilitando ulteriormente la storica alleanza strategica tra il colosso austriaco OMV e quello russo Gazprom in un momento in cui tra Russia e Occidente non correva buon sangue.

Il rebus del gas

Se dal febbraio del 2022 i rapporti tra Vienna e Mosca si sono in ogni caso raffreddati, ora tornano alla luce proprio per scompigliare le carte in vista dell’appuntamento elettorale in cui la destra più radicale appare favorita. Austria e Russia rimangono ancora legate soprattutto dai tubi del gas, visto che i contratti per le forniture sottoscritti al tempo di Kurz nel 2018 sono validi sino al 2040. Almeno in teoria. Il Governo di Nehammer, soprattutto sotto la spinta dei Verdi, sta infatti forzando per una maggiore diversificazione l’emancipazione da Mosca. Questa passerebbe anche attraverso l’import dalla Germania e potrebbe subire un’accelerazione se l’Ucraina, perlomeno come annunciato, alla fine di quest’anno non prolungherà il contratto di transito con la Russia e lascerà a secco tutta l’Europa centrale, Austria in primis.

Il rebus energetico, al di là dell’ombra di Putin sugli intrecci tra spie e gas, non è semplice da risolvere e se da un lato l’industria austriaca sta mettendo pressione al Governo perché agisca in fretta di fronte al possibile stop forzato del gas russo tra qualche mese, i rimedi non possono essere immediati. La costruzione della nuova tratta del gasdotto Wag che collega Austria e Germania è prevista fra un paio d’anni e nel frattempo la ministra dell’Energia austriaca, la verde Leonore Gewessler, ha accusato proprio Berlino di rendere difficile a Vienna la diversificazione dell’approvvigionamento di gas a causa della tassa sullo stoccaggio, introdotta nel 2022 e che non colpisce solo le aziende e i consumatori tedeschi, ma anche gli importatori dei paesi vicini che ottengono il gas tramite i gasdotti tedeschi, cioè l’Austria appunto.

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