ANALISI

Putin per la quinta volta: e ora?

Il quadro delle prospettive dopo il nuovo mandato conquistato dal capo del Cremlino: il prosieguo della guerra in Ucraina, le dinamiche delle relazioni internazionali, la questione della successione

  • 18 marzo, 06:36
  • 18 marzo, 08:40
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Presidenziali russe: i numeri ufficiali, in un Paese ormai in piena involuzione democratica, attribuiscono a Putin l'87% dei consensi

  • reuters
Di: Stefano Grazioli

Il plebiscito annunciato ha assicurato a Putin il suo quinto mandato al Cremlino, ottenuto con l’87% dei consensi, con un’affluenza al 75%. Questi i numeri ufficiali, da prendere comunque con il beneficio del ragionevole dubbio. In ogni caso, per i prossimi sei anni, salvo sorprese, Vladimir Vladimirovich sarà alla guida della Russia, con la possibilità di rimanere sino al 2036, nel caso di un’altra rielezione, permessa dalla Costituzione attuale, già modificata più volte. Le eventuali questioni formali non sono comunque un problema, in un Paese che ha subito negli ultimi dieci anni, dalla prima crisi ucraina, una evidente involuzione democratica.

L’invasione su larga scala dell’Ucraina ha accentuato la repressione del dissenso e le regole della democrazia russa, già fragile durante il primo decennio postcomunista sotto la presidenza di Boris Eltsin, sono ormai modellate sui voleri del Cremlino. Dopo i primi due mandati (2000-2008) e quello di Dmitri Medvedev (2008-2012), in cui Putin ha stabilizzato il paese sul versante interno in seguito alla complicata transizione eltsiniana, e dopo i due tra il 2012 e il 2024, in cui ha accelerato il distacco dall’Occidente, sulla spinta del cambio di regime a Kiev nel 2014 e del conflitto nel 2022, i prossimi sei anni vedranno il Cremlino impegnato verosimilmente su due fronti principali, quello del proseguimento della guerra e della continua revisione degli equilibri internazionali, il cui andamento influirà sul quadro interno russo e sull’operazione di successione allo stesso Putin.

La guerra

La vittoria nel conflitto ucraino, una risoluzione di questo che sia favorevole al Cremlino, al di là cioè di quanto sarà largo il perimetro dei territori occupati nell’ex repubblica sovietica, è essenziale non solo per Putin, ma per il ruolo che la Russia vuole e vorrà giocare, anche nel futuro postputiniano, sullo scacchiere internazionale. È chiaro dunque che il presidente e tutto l’establishment, rafforzato sia dall’esito del voto, ma soprattutto dall’andamento della guerra, dalla resilienza dell’economia russa e dalla rete di alleanze politico ed economiche che hanno sostituito le partnership occidentali, sarà impegnato in primo luogo a mantenere e migliorare le condizioni per arrivare a quella che potrà essere definita una vittoria.

Se Putin si è detto disposto a negoziare partendo dallo status quo, ossia dal riconoscimento delle regioni occupate, è da una parte un segnale che gli obbiettivi russi sono comunque flessibili, dall’altra che il Cremlino si sente, in assenza di cambiamenti radicali al fronte, in una posizione di forza. Dall’altra parte, dall’Ucraina e dagli alleati occidentali, non sono arrivate sino ad oggi aperture di questo genere. Al contrario Unione Europea e Stati Uniti hanno sempre appoggiato la formula di pace di Volodymr Zelensky che prevede il dialogo solo dopo che i russi saranno respinti fuori dal Donbass e dalla Crimea.

Le relazioni internazionali

La fine del conflitto in Ucraina, se non sarà determinata a livello militare con la vittoria di uno dei contendenti e la sconfitta dell’altro, dovrà essere raggiunta con un compromesso diplomatico, sempre che la guerra non venga congelata sulla linea del fronte senza un accordo di pace, come nel caso della Penisola coreana. In questi anni di guerra, già dal 2014, la Russia ha mantenuto ottimi rapporti con vari Paesi, dalla Turchia all’India, che a loro volta sono sempre stati partner dell’Occidente, ma non si sono associati al sistema delle sanzioni contro Mosca. Le relazioni con le nazioni africane e sudamericane si sono fatte più strette, al pari di quelle con i tradizionali alleati come Cina, Iran o Corea del Nord.

Putin anche nel suo quinto mandato proseguirà nella cura dei rapporti internazionali con tutti quei Paesi che non sono allineati con l’asse tra Washington e Bruxelles, sia coltivando le relazioni all’interno di organizzazioni come Brics (Brasile, Russia, Cina, India, Sudafrica) o Sco (Organizzazione di Shanghai, che raccoglie Russia, Cina e varie ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale), sia attraverso i rapporti bilaterali, cercando anche di intaccare l’unità dell’Unione Europea.

La successione

La questione della successione a Putin si è posta, almeno teoricamente, varie volte nel corso degli ultimi lustri, ed è sempre stata risolta con il mantenimento di Vladimir Vladimirovich in cima alla verticale del potere. Dopo l’episodio dello scorso anno con la rivolta di Yevgheny Prigozhin, poi morto nell’esplosione dell’aereo su cui volava, la posizione del presidente si è in realtà rafforzata e al momento non sono prevedibili terremoti che facciano crollare la torre più alta del Cremlino. La stabilità dipende però molto da come proseguirà la guerra e dagli effetti che essa potrà ancora avere sull’elettorato russo. Fino a che le condizioni economiche lo consentiranno, Putin non dovrà temere rivolte sociali e politiche. È per questo che nel futuro a breve termine il vecchio e nuovo capo di stato dovrà mantenere quello promesse di crescita e benessere che ha assicurato alla vigilia del voto per i prossimi anni.

La possibilità che i piani del Cremlino non si realizzino fa però ancora parte del Grande gioco all’interno della Russia e nel duello con l’Occidente, per cui il dopo Putin, che prima o poi arriverà, dovrà essere affrontato: con grande probabilità l’operazione successione, con un paio di varianti, è già in qualche cassetto del palazzo presidenziale e resta solo da vedere in quale momento comincerà, se per volontà o necessità, e con il grande rischio per l’Occidente di restare davanti a un grande punto interrogativo come accaduto quando Boris Nikolaevich Eltsin nominò per la prima volta premier Vladimir Vladimirovich, ormai 25 anni fa.

Elezioni russe, diretta da Mosca

Telegiornale 17.03.2024, 20:00

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