Negli ultimi mesi le importazioni nell’Unione europea di prodotti agricoli provenienti dall’Ucraina ed esenti da dazi, misura adottata due anni fa per alleggerire le difficoltà economiche di Kiev, hanno causato malcontento e proteste in vari paesi europei, soprattutto in quelli dell’Europa Centrale, a partire dalla Polonia, che si sono sentiti svantaggiati. Gli agricoltori polacchi, ma anche quelli di Romania, Ungheria, Slovacchia, hanno manifestato con regolarità, anche bloccando il confine con l’ex repubblica sovietica, denunciando la presunta concorrenza sleale dovuta all’abbassamento dei prezzi sui rispettivi mercati. Ora l’UE, accogliendo almeno in parte le richieste di queste nazioni, vuole reintrodurre almeno parzialmente le tariffe per l’Ucraina, che aveva sospeso nel 2022, dopo l’inizio dell’invasione russa. Da Bruxelles è arrivato per contro l’annuncio della prima tranche di 4,5 miliardi di Euro a Kiev nella cornice del piano che ne prevede 50 sino alla fine del 2027. Kiev, che da un lato deve fare buon viso a cattivo gioco, ha denunciato a sua volta come proprio la Polonia importi prodotti agricoli da Russia e Bielorussia, non comunque sottoposti al regime di sanzioni occidentali, finanziando in qualche modo la guerra di Vladimir Putin.
Freno di emergenza
Il Parlamento europeo ha dichiarato dunque che il cosiddetto “freno di emergenza” sarà tirato su prodotti agricoli come mais, pollame, zucchero, semole e miele. Il meccanismo adottato da Bruxelles limiterà quindi i volumi di importazione di questi prodotti ai livelli medi importati nel 2022 e nel 2023, oltre i quali verranno appunto reimposti i dazi doganali. Dall’intesa rimane escluso per ora il grano e la Commissione ha preso l’impegno di agire con urgenza nella stessa direzione nel caso le importazioni dovessero salire e condizionare massicciamente i prezzi europei. Il settore agricolo ucraino è uno dei pilastri dell’economia dell’ex repubblica sovietica e, seppur segnato dal conflitto con la Russia, rimane un’importante fonte di entrate per lo Stato. La gran parte dell’export è sempre avvenuta via mare, dai porti del Mar Nero, ma dall’inizio della guerra è stato per forza di cose ridotto per questioni di sicurezza. Al momento, nonostante Mosca sia uscita dall’accordo con Kiev, i corridoi funzionano, anche se non a pieno regime. È comunque evidente come Bruxelles nel caso della reintroduzione dei dazi dia la precedenza alle esigenze dei paesi dell’Unione, rispetto alle richieste dell’Ucraina.
Accuse alla Polonia
Kiev da parte sua ha già fatto notare come proprio la Polonia continua ad avere rapporti commerciali con la Russia e la Bielorussia. Non si tratta di grandi scambi, i volumi di denaro sono relativi, ma Varsavia comunque lo scorso anno ha importato dalla Russia cereali, farina e semi oleosi per 117 milioni di dollari, per 55 milioni dalla Bielorussia. La cifra però aumenta se si prendono in considerazione altre materie, come il carburante per auto, benzina, gasolio e gpl, e qui si passa nell’ordine di quasi mezzo miliardo di dollari da Minsk e oltre 2 miliardi e mezzo da Mosca, pagati appunto da Varsavia. Tutto quello che sta accadendo è fondamentalmente legale, nel senso che le sanzioni occidentali non bloccano le transazioni relative ai prodotti alimentari e agricoli, la questione però è di principio, hanno sempre sostenuto a Kiev, soprattutto da quando gli agricoltori polacchi hanno iniziato a bloccare i confini ucraini boicottando il passaggio di prodotti agricoli di Kiev verso l’Europa. I provvedimenti restrittivi dell’Unione non riguardano il gas, e i prodotti petroliferi vietati sono quelli che arrivano via mare, non su strada, nelle cisterne. Ora che Bruxelles si è piegata alle proteste dei paesi europei, il contrasto appare più evidente.
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Prodotti russi a Kiev
Se l’Ucraina si è lamentata perché da un lato la Polonia bloccava i suoi prodotti e dall’altro continua a comprare da Russia e Bielorussia, dall’altro a Kiev nonostante la guerra arrivano prodotti russi. Come infatti hanno fatto notare già qualche settimana fa i media ucraini, gasolio e gpl per auto di provenienza russa continuano ad essere importati in Ucraina, seguendo la rotta che prima passa da paesi dell’Unione Europea e poi termina nell’ex repubblica sovietica. Inoltre Kiev continua a ricevere denaro da Mosca, 2 miliardi di dollari all’anno, in tasse di transito per le pipeline che collegano la Russia con l’Europa centrale passando appunto per l’Ucraina. La scorsa settimana il ministero dell’Energia ucraino ha fatto sapere che i contratti con Gazprom in scadenza alla fine dell’anno non saranno rinnovati. Kiev da anni non importa più gas russo per il proprio fabbisogno, ma il transito è fondamentale soprattutto per alcuni paesi dell’Europa centrale come l’Austria.
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