Il bilancio della repressione delle manifestazioni in corso da oltre un mese in Iraq per chiedere un radicale cambiamento politico nel paese è sempre più pesante. Sabato gli spari della polizia contro i protestanti hanno provocato la morte almeno sette persone (quattro nella capitale Baghdad e tre nella città di Bassora) e il ferimento di altre 140. Si calcola che dall'inizio delle dimostrazioni antigovernative che proseguono dal 1° ottobre (con una sospensione dal 6 al 24 per un pellegrinaggio sciita) gli uccisi siano circa 300 e i feriti oltre 12'000.
Le principali forze politiche che sostengono il premier Mahdi (ritenute corrotte e incompetenti dai contestatori) avrebbero raggiunto un accordo per porre fine alle proteste, con qualsiasi mezzo.
All'orizzonte vi sarebbero una serie di riforme tra cui misure anticorruzione e modifiche legislative, ma sono lontane dalle richieste della piazza che vuole una nuova costituzione, maggiori diritti, trasparenza e superamento del confessionalismo politico. Un segnale dell'evoluzione politica della situazione è giunto ieri, sabato, dal Parlamento dove per la prima volta da un po' si è raggiunto il quorum per tenere una seduta.