«No justice, no peace!», «Non c’è pace, senza giustizia!», il coro viene scandito andando verso il Campidoglio, risuona all’esterno del memoriale a Lincoln, è lo slogan che interrompe musica e canti davanti alla Casa Bianca.
La recinzione della Casa Bianca
A dodici giorni dall’uccisione di George Floyd a Minneapolis, per le strade delle maggiori città d’America si manifesta contro la violenza della polizia e le discriminazioni contro la minoranza afroamericana. È il decimo giorno di protesta e il grido non si placa. Nelle vie della capitale per tutta la giornata è continuata a sciamare gente, perlopiù pacifica.
La rabbia e l’orgoglio nero
Brandon abita poco distante, “oltre la 16esima, verso Silver Spring“, ma oggi ha voluto portare tutta la famiglia. «Ero qui a protestare domenica e, lunedì, quando il Presidente ha fatto sfollare i manifestanti con i lacrimogeni per farsi fare una fotografia... Oggi, non potevo mancare». Oggi tocca a loro farsi fotografare orgogliosi lungo la via dove ieri sull’asfalto è stato fatto pitturare il graffiti Black Lives Matter, le vite dei neri contano. Un movimento, un brand (una maglietta, 20$, un braccialetto 1$), un grido. Sullo sfondo lontana, c’è la Casa Bianca.
La manifestazione davanti al Lincoln Memorial
RSI 07.06.2020, 11:38
Gli Stati Uniti d’America sono nati in seguito a una protesta. E le proteste hanno scandito la storia recente americana e Washington DC ne è stata più volte teatro: per i diritti civili, nel 1963; contro la guerra in Vietnam, nel 1968; o più recentemente, contro gli abusi sulle donne, nel 2018. Tappa obbligata il Lincoln Memorial.
Se il razzismo diventa sistemico
La morte di George Floyd non ha risollevato solo il problema della violenza gratuita delle forze dell’ordine, ma ha riproposto il problema del razzismo con le sue diseguaglianze sistematiche contro le minoranze negli Stati Uniti. Dai gradini del Memoriale si alternano attivisti: c’è chi racconta come funziona un arresto e sarcasticamente cosa può andare storto e chi elenca i nomi dei neri uccisi durante un controllo di polizia, da Trayvon Martin a George Floyd.
John davanti al Lincoln Memorial
Lungo la piscina incontro John, tranquillo 60enne della Capitale con un cartello i cui toni sembrano stridere con il suo aplomb: «È tutto diverso dalle manifestazioni del passato, spiega, ci siamo improvvisamente accorti che non abbiamo una vera leadership, ma soprattutto l’uccisione di George Floyd ci ha rivelato quanto siamo divisi, questa è la cosa più dolorosa».
Anche gli infermieri sono scesi per strada a manifestare
«Il razzismo è un problema di salute pubblica», grida nel megafono un’infermiera in un giardino pubblico sulla Quinta strada. Sono i «White Coats», i camici bianchi, e per un istante le due emergenze del 2020 si toccano. Negli USA i neri sono morti quattro volte di più di Covid-19 dei bianchi. Negli USA le donne afroamericani hanno il triplo delle possibilità di morire per complicazioni legate al parto. Malattie croniche, condizioni igieniche, abitudini culturali, possibilità di accesso alle cure per le minoranze etniche, ricordano i “Camici bianchi“, sono un’emergenza, un virus da curare in America.
La protesta dei camici bianchi
RSI 07.06.2020, 11:44
Dieci giorni di scontri politici
A sorpresa, tra i manifestanti, compare la sindaca di Washington, Muriel Bowser. Questa settimana ha battagliato con il Presidente contro la presenza dell’Esercito nel Distretto. Bisognava tornare a Los Angeles nel 1992 (ed allora fu su richiesta del sindaco californiano) per vedere dispiegati i soldati a stelle-e-strisce contro i cittadini americani. Nel suo intervento, la sindaca afroamericana incita la folla e allude a Trump: «Oggi diciamo «No alla violenza a sfondo razziale, a novembre diremo «Si cambia, tocca al prossimo».
Rico e la sua amica
Sui gradini all’ombra, guardando sfilare il corteo dal Congresso verso il Trump Hotel, Rico e la sua amica mostrano fieri i loro cartelli contro la polizia e il pugno chiuso del movimento Black Lives Matter. «Siamo stanchi, dicono, rifacciamo le battaglie dei nostri padri e dei nostri nonni, siamo stanchi di dover ricordare che ogni vita nera conta».
Rabbia, stanchezza e sfinimento
Ma a sfilare non ci sono solo i rappresentanti delle minoranze afroamericane o latine, ci sono tanti bianchi. Se nei discorsi dei primi si percepisce rabbia e frustrazione per le ingiustizie subite, tra la maggioranza dei presenti si coglie un’altra stanchezza, un senso di sfinimento per la situazione politica e sociale americana. Stando a un sondaggio della PBS e di NPR, la radio e la televisione pubblica americana, le manifestazioni di protesta sono appoggiate e ritenute legittime dal 62% degli americani e il 67% (63% di bianchi) ritiene che il Presidente non faccia che versare benzina sul fuoco delle tensioni razziali. Anche per questo questa marcia di protesta è diversa da quelle del passato.
L'indicazione per la Black Lives Matter PLaza
Al calare della sera i cortei raggiungono tutti l’incrocio tra la H e Sedicesima strada. Lo spiazzo ribattezzato Black Lives Matter Plaza. Il clima è ancora festoso. Il numero dei manifestanti enorme, difficile da quantificare. Oltre le recinzioni e le barriere di cemento fatte porre attorno la residenza del Presidente (un “muro“ lungo 2,7 km!), s’intravvedono alcuni militi e oltre il Parco e Pennsylvania Avenue c’è la Casa Bianca. Per tutto il giorno Donald Trump è rimasto silente e non ha twittato. Ha rotto il silenzio solo poco prima delle 19: due parole «Law & order», legalità e ordine.
Due ragazzi in ginocchio in segno di protesta
Quell’ordine e quella Legge, che nella nazione nata grazie alle proteste e dove il primo emendamento sancisce il diritto di espressione, le manifestazioni odierne hanno sin qui rispettato e tributato.
USA, continuano le manifestazioni
Telegiornale 06.06.2020, 22:00
USA, un altro weekend di proteste
Telegiornale 07.06.2020, 14:30
Banksy omaggia Floyd
Telegiornale 07.06.2020, 14:30
USA, nuove proteste ma Trump ritira la guardia nazionale
Telegiornale 07.06.2020, 22:00