L’andamento della guerra e il divario tra le aspettative e i risultati sul terreno, con il fallimento sostanziale della controffensiva, hanno messo in difficoltà il presidente ucraino Volodymyr Zelensky su due piani: a livello internazionale, dove il sostegno a Kiev non è certo in dubbio, ma da alcuni mesi per varie ragioni l’appoggio militare e finanziario si è però ridotto; e a livello interno, con il riemergere di vecchie fratture che il primo anno e mezzo di guerra aveva temporaneamente saldato. Da un lato Zelensky gode ancora della fiducia di larga parte dell’elettorato, ma le promesse mancate e la retorica che sempre più spesso è scollata dalla realtà sul campo hanno eroso parte del consenso; dall’altro le frizioni con i vertici militari, in particolare con il capo delle forze armate, il generale Valery Zaluzhny, a sua volta passato in testa ai rating, e le voci critiche che hanno ripreso a farsi sentire da parte dell’opposizione dentro e fuori il Parlamento, stanno mettendo il presidente sempre più sotto pressione. La cornice è quella fragile degli equilibri interni, anche in vista della scadenza del mandato di Zelensky e della sua successione. Le elezioni presidenziali dovrebbero tenersi il prossimo anno e anche se al momento sono state escluse dal capo di Stato in carica tutto è ancora da decidere e nel frattempo i principali attori si stanno posizionando.
Il generale Zaluzhny
Lo scontro tra il presidente e il generale, manifestatosi già nei mesi scorsi, è diventato palese dopo l’articolo scritto da Zaluzhny per l’Economist, in cui il capo dello forze armate aveva messo nero su bianco che la guerra era entrata in una fase di stallo e la Russia rischiava di prendere il sopravvento senza ulteriori aiuti occidentali. Prima Zelensky aveva smentito, poi all’inizio di dicembre annunciato ufficialmente che la priorità sarebbe dovuta andare soprattutto alla difesa. Al di là però delle interpretazioni di carattere militare, Zaluzhny è diventato il maggior contraente politico per il presidente, tanto che nei sondaggi che da qualche settimana vengono pubblicati a Kiev, il duello per le prossime presidenziali si giocherebbe tra loro due. In realtà Zaluzhy non ha mai ammesso di voler eventualmente correre per la presidenza, ma le voci in Ucraina e fuori ormai si rincorrono: i realismo del generale sarebbe più apprezzato della spavalderia dell’attuale inquilino della Bankova, il palazzo del capo dello Stato nell’omonima via nel centro della capitale.
Il sindaco Klitschko
Anche Vitaly Klitschko, sindaco di Kiev con l’ufficio poco distante dalla simbolica piazza dell’Indipendenza, teatro delle rivoluzioni del 2004 e del 2014, si è smarcato recentemente dal presidente, attaccandolo in maniera inusuale. “La gente si chiede perché non fossimo meglio preparati a questa guerra. Perché Zelensky ha negato fino alla fine che si sarebbe arrivati a questo. C’erano troppe informazioni che non corrispondevano alla realtà. Naturalmente possiamo mentire al nostro popolo e ai nostri partner, ma non per sempre”: queste le parole di Klitschko, arrivate appunto con la situazione sul terreno ormai critica nel Donbass e in stallo sul fronte meridionale. La capitale è sempre bersaglio degli attacchi russi che mirano alle infrastrutture energetiche e l’armonia tra sindaco e presidente, sugli scudi all’inizio delle guerra con l’attacco russo alla capitale respinto clamorosamente, è solo un ricordo. Klitschko è stato uno dei protagonisti della rivolta di dieci anni fa a Maidan e avrebbe potuto candidarsi già allora per entrare alla Bankova, alla quale rinunciò dopo l’accordo con Petro Poroshenko, eletto presidente del 2014.
L’ex presidente Poroshenko e l’ex consigliere Arestovich
Travolto nel 2019 da Zelensky, il vecchio capo di Stato è entrato prima nel mirino della giustizia selettiva, accusato di alto tradimento, poi, con l’inizio della guerra nel 2022, si è schierato con il nuovo presidente. Ora però riemergono i dissidi di fondo, con Zelensky in difficoltà e il capo del secondo partito in parlamento che vuole prendere l’iniziativa per ritornare ad essere determinante sul teatro interno: l’oligarca Poroshenko ha un buon network internazionale, costruito sia negli anni di presidenza, ma anche in precedenza nella sua attività di imprenditore. I parlamentari del suo partito non risparmiano critiche al presidente e al premier Denis Shmyhal e nella diatriba tra Zelensky e Zaluzhny si sono schierati per il secondo. Accuse più nette e pesanti contro Zelensky sono arrivate invece da un ex alleato, Olexy Arestovich, suo consigliere fino a qualche mese fa, e ora rivale diretto nell’eventualità di elezioni. Per Arestovich Zelensky è un dittatore e la guerra dovrebbe finire con la cessioni dei territori occupati alla Russia e l’entrata dell’Ucraina nella Nato.
Significativa non è tanto la variegata schiera di personaggi vecchi e nuovi che si stanno posizionando contro il presidente, quanto il fatto che ciò avvenga in questo momento, segnale che l’unità contro il nemico russo sta lasciando spazio alle controversie interne. Resta solo da vedere quale effetto avranno sulla stabilità del paese e se gli alleati occidentali continueranno a sostenere politicamente Zelensky come hanno fatto sino ad ora.
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