«Il giorno in cui sono entrata in Parlamento ho chiamato mio padre per dirgli che finalmente potevo mostrarmi a tutti col mio vero nome. E lui ha risposto: “Non è che quello nuovo non mi piace, ma il tuo è meglio”. Non è stata una conquista solo per me, ma una liberazione anche per la mia famiglia». Piera Aiello, prima parlamentare testimone di giustizia, si è ribellata al sistema mafioso. Ha vissuto con due identità per ventisette anni, incontrando i genitori in segreto.
L'elezione alla Camera dei Deputati nel 2018 ha messo fine alla copertura, alla quale non si è mai abituata. L'hanno definita la “candidata fantasma” per aver svolto la campagna elettorale a volto coperto. «L'ingiustizia più grande è non potersi mostrare, mentre i delinquenti che denunci sono a piede libero. Dovrebbe essere il contrario. Siamo abituati a combattere la mafia, come si fa con i sintomi di una malattia. Ma dovremmo imparare a prevenirne le cause».
Oggi Piera, autrice insieme a Umberto Lucentini del volume “Maledetta mafia”, è membro della Commissione parlamentare antimafia, dove continua il suo impegno contro la criminalità organizzata, mettendo in pratica anche gli insegnamenti del giudice Paolo Borsellino, dilaniato da un'autobomba in via D'Amelio, a Palermo, il 19 luglio 1992, insieme a cinque agenti della scorta.