“Il grande fratello ti osserva”. Tranquilli, la citazione orwelliana dal mitico “1984” non vuole introdurci verso mondi distopici, e nemmeno muovere verso un’analisi dei sempre più presenti software di riconoscimento facciale e controllo delle persone.
Il nostro grande fratello, quello dell’ottava puntata della serie RSINews #lameteospiegata in collaborazione con MeteoSvizzera, è ben più benevolo e utile: la serie di satelliti meteorologici geostazionari europei, giunti alla terza generazione con il lancio del 13 dicembre scorso che inaugura una nuova era.
Una nuova era che promette importanti impulsi per il miglioramento delle previsioni meteorologiche, delle allerte maltempo e dello studio dei cambiamenti climatici. Anche la Svizzera ha contribuito allo sviluppo dei nuovi satelliti e, come vedremo dopo, il nostro Paese è anche uno snodo fondamentale per la ricezione dei dati a terra.
Questa volta a guidarci in questo viaggio in orbita sarà direttamente il responsabile di Locarno-Monti Marco Gaia.
Il momento del lancio del satellite MTG-i1 dalla base di Kourou
Che cos’è un satellite meteorologico
Per spiegare che cos’è e cosa fa un satellite meteorologico, qui come nel resto dell’articolo, partiremo dagli ultimi sviluppati da EUMETSAT, l’Organizzazione europea per l’esercizio dei satelliti meteorologici di cui anche la Svizzera fa parte. Si tratta, come già scritto, della terza generazione di satelliti. E proprio da qui parte Marco Gaia: “I satelliti meteorologici sono strumenti estremamente complessi e raffinati, che richiedono fra 10 e 20 anni per la progettazione e la costruzione. Pensate che il progetto di quelli di terza generazione è iniziato intorno al 2005 con le consultazioni tra gli specialisti per rilevare le nuove necessità, mentre la pianificazione vera e propria è partita nel 2010. La messa in orbita di una nuova generazione di satelliti è un evento alquanto raro ed è accompagnato da un salto di qualità, grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie che nel frattempo sono state sviluppate. I satelliti di terza generazione sono stati progettati per osservare lo stato dell’atmosfera sull’Europa e sull’Africa fin verso il 2040 e questi nuovi satelliti, di diverse tipologie, andranno a migliorare notevolmente i dati per elaborare le previsioni e le allerte maltempo ma aiuteranno anche a meglio capire i cambiamenti climatici in atto”. La seconda generazione di satelliti che saranno ben presto sostituiti si trova in orbita dal 2002 e, dopo oltre vent’anni di servizio, verranno dismessi spostandoli su una cosiddetta “orbita cimitero”, più distante dalla Terra rispetto all’orbita geostazionaria. Ma non avverrà subito, per ora viene messo in orbita un unico satellite, che potrà fornire solo una parte dei servizi previsti. Il secondo satellite per immagini sarà lanciato tra tre anni, nel 2025. Nel frattempo tutti i satelliti che attualmente si trovano nello spazio svolgeranno ancora il loro compito. Arriverà comunque fra alcuni anni, il momento in cui non avranno più carburante e giungeranno al termine del loro ciclo di vita. Al momento stimiamo che l’ultimo di questi satelliti potrà rimanere in servizio fino al 2030”.
Il satellite MTG-I1 al termine della sua costruzione, poco prima di essere spedito via nave fino alla base di lancio a Kourou, nella Guyana francese
Come suggerisce il loro nome, i satelliti geostazionari sono collocati su un’orbita che - visti da Terra - li fa sembrare appunto stazionari, ossia fissi sulla verticale di un punto preciso: “Nel nostro caso si trovano sopra il Golfo di Guinea e compiono un giro completo attorno al nostro pianeta in 24 ore. A che distanza? Le leggi della fisica impongono di posizionarli a 36'000 km di quota sopra l’equatore. Visti da terra appariranno quindi fissi, perché compiono anch’essi un’orbita completa ogni 24 ore. Anche se oggi parleremo prevalentemente di questi, i satelliti geostazionari sono però solo una delle due famiglie di satelliti meteorologici. L’altra è quella dei satelliti polari, che orbitano molto più vicini alla superficie terrestre, attorno ai 500 – 1000 km di quota, si muovono su orbite che passano sopra le regioni polari e compiono un’orbita completa in circa 100 minuti. Le due famiglie si completano a vicenda: quelli geostazionari guardano sempre la medesima parte del nostro pianeta, fornendo in questo modo immagini che permettono di seguire senza interruzione l’evoluzione meteorologica della zona osservata. Essendo però molto lontani dalla Terra non possono fornire informazioni così dettagliate come quelle fornite dai satelliti polari, che offrono una maggiore risoluzione spaziale, ma al contempo hanno lo svantaggio di sorvolare regioni continuamente diverse e non permettono quindi un monitoraggio costante della medesima area geografica”.
Schema dell’orbita dei tre satelliti geostazionari e di un satellite polare con un'orbita più vicina alla Terra (le proporzioni non sono corrette)
Il lancio di MTG-I1 e le due tipologie del futuro
Il primo satellite europeo operazionale geostazionario, il Meteosat 1, fu messo in orbita il 23 novembre 1977. Dal 1986 l’organizzazione EUMETSAT, di cui la Svizzera è membro fondatore, è responsabile della gestione dei satelliti meteorologici europei. In più di 50 anni una buona dozzina di satelliti si sono succeduti a sorvegliare i cieli sopra l’Europa e l’Africa. Dopo sette satelliti di prima generazione, a partire dal 2002 si è iniziato a mettere in orbita i 4 satelliti di seconda generazione, tutt’ora in attività. E ora siamo alle soglie della terza generazione: “Il 13 dicembre, dalla base di Kourou, nella Guyana francese, un razzo Ariane 5 ha portato in orbita il primo satellite della terza generazione, che apre una nuova era per i meteorologi europei. Una volta completata, la nuova generazione europea sarà costituita da tre satelliti: due Imager (MTG-I1 e MTG-I2) e un Sounder (MTG-S).
La prima immagine fornita dal satellite di prima generazione Meteosat 1 il 9 dicembre 1977
I due satelliti MTG-I1 e MTG-I2 hanno strumenti pensati per osservare in dettaglio numerose caratteristiche fisiche delle nuvole e dei fulmini, permettendo una sorveglianza 24 ore su 24 dei processi che avvengono nell’atmosfera. Uno due satelliti Imager fornirà dati e immagini ogni 10 minuti dell’Europa, dell’Africa e delle regioni circostanti, con una risoluzione spaziale fino a 0.5 - 1 km. Il secondo Imager si concentrerà maggiormente sull’Europa e fornirà dati e immagini fino a ogni due minuti e mezzo. Il Sounder MTG-S sarà invece dedicato alla misura dei profili di temperatura e di umidità lungo i 15 – 20 km che compongono lo strato meteorologicamente attivo dell’atmosfera. Gli strumenti montati su questi satelliti sono tutti innovativi e alcuni sono in grado di eseguire misure mai svolte prima d’ora”.
Rappresentazione grafica del futuro satellite MTG Sounder
Le ricadute concrete: allerte temporali migliori e previsioni più accurate
Gli investimenti fatti per progettare e costruire i nuovi satelliti sono decisamente importanti, ma non sono da meno i benefici che si attendono dal miglioramento tecnologico: “Ad esempio l’allerta precoce di temporali sarà favorita dalle immagini e dai dati forniti in tempo reale dal rilevatore di fulmini, uno strumento mai messo in orbita sull’Europa fino a oggi (il continente americano dispone già di una simile copertura, grazie ai satelliti della NOAA, l’agenzia statunitense per l’atmosfera e gli oceani). L’aumento della frequenza delle immagini satellitari permetterà inoltre di seguire lo sviluppo e lo spostamento delle perturbazioni e delle tempeste nel loro avvicinamento alle zone abitate. La risoluzione spaziale, passando da 1 km a 0.5 km, permetterà poi di identificare con maggiore precisione l’estensione delle nuvole e della nebbia, aspetto che in una regione montuosa come la nostra, con strette vallate alpine e prealpine, ha una particolare rilevanza. Si pensi ad esempio alla gestione del traffico aereo commerciale, dei voli di salvataggio o della produzione di energia tramite impianti fotovoltaici, un tema decisamente sentito con la crisi energetica. I nuovi satelliti prolungheranno inoltre fino ad almeno il 2040 l’osservazione dell’atmosfera sopra l’Europa e l’Africa, dando continuità a serie di misure che resteranno così coerenti e fondamentali per lo studio dei cambiamenti climatici: l’estensione della nuvolosità, la variazione dell’irraggiamento solare, la traiettoria e la frequenza delle tempeste invernali sono alcuni esempi di grandezze decisamente rilevanti per la climatologia”.
La zona di osservazione dell’atmosfera sopra l’Europa e l’Africa
Dalla stratosfera al palmo di una mano, come comunica un satellite meteo
Le conosciamo tutti e, stando ai dati, sono tra le app più utilizzate: parliamo degli applicativi dedicati alla meteorologia, che sono ormai uno strumento irrinunciabile per molti, tanto per pianificare un’operazione di soccorso in montagna, quanto per organizzare un matrimonio o anche solo una grigliata in giardino. Insomma, sono un po’ per tutti croce (quando si mettono di traverso ai nostri programmi) e delizia (quando invece ci sorridono). Ma come si passa, in tempo reale, da un oggetto che orbita nello spazio a icone, animazioni e previsioni che giornalmente consultiamo? “Si tratta di un sistema molto complesso e tecnologicamente raffinato” spiega ancora Marco Gaia.
Schema semplificato di come funziona il sistema satellitare dei satelliti geostazionari europei (le dimensioni non sono in proporzione)
“Bisogna pensare che le nuvole riflettono le onde luminose provenienti dal Sole ed emettono onde infrarosse, che vengono rilevate dagli strumenti montati sul satellite, che sono in grado di ‘fotografare’ le nuvole. Semplificando il discorso, ci si può immaginare questi strumenti proprio come delle sofisticate macchine fotografiche che sono sensibili ai vari tipi di onde luminose o infrarosse riflesse o emesse dalle nuvole. Questi sensori trasformano le onde che registrano in un segnale digitale che viene trasmesso immediatamente verso Terra. Qui due stazioni di ricezione, di cui una si trova proprio in Svizzera e più precisamente a Leuk, in Vallese - ma ci torneremo dopo - raccolgono il segnale digitale che viene in seguito fatto proseguire verso la centrale di EUMETSAT a Darmstadt, in Germania, che lo elabora e produce le immagini e i dati grezzi. Infine questi vengono trasmessi a tutti gli utilizzatori intermedi, tra cui MeteoSvizzera, sia tramite un sistema di telecomunicazione satellitare, sia attraverso la rete Internet. Un ultimo passaggio prevede, come succede a MeteoSvizzera, un’elaborazione ulteriore prima della distribuzione agli utilizzatori finali. Questa ‘magia’ tecnologica si svolge tutta in pochi minuti: da quando il satellite inizia a misurare a quando vediamo i dati sui nostri dispositivi passano infatti meno di 15 – 20 minuti”.
Le nuvole sopra l’Europa il 25 settembre 2022 attorno a mezzogiorno. In alto a sinistra quello che vedrebbe un astronauta in orbita, con le nuvole tutte di tonalità biancastre. In alto a destra le immagini fornite dal sensore IR10.5, sensibile alla radiazione infrarossa. Le tonalità grigie indicano nuvole basse, quelle blu-verdi indicano nuvole che si spingono fino ad alta quota. In basso a sinistra e a destra le medesime nuvole sono colorate artificialmente per mettere in evidenza le diverse caratteristiche delle nuvole
I satelliti meteorologici e la misurazione delle onde infrarosse offrono poi un altro indiscutibile vantaggio: “All’occhio umano, osservando le nuvole da sopra un po’ come se fossimo sulla stazione spaziale internazionale, risulterebbero più o meno tutte dello stesso tipo e tutte con una simile colorazione biancastra. Senza contare che di notte non le vedremmo neppure. Grazie agli strumenti del satellite, che analizzano la radiazione visibile riflessa dalle nuvole o quella infrarossa, oltre a poter osservare ad ogni ora del giorno e della notte tutte le nuvole, è possibile evidenziarne caratteristiche specifiche. Ad esempio il tipo di onde infrarosse emesse da una nuvola dipende dalla temperatura della parte sommitale della nuvola stessa (nuvole alte più fredde, basse più calde) e questa informazione viene ‘sfruttata’ dai meteorologi, che vanno ad applicare ai vari tipi di onde emesse o riflesse dalle nuvole una colorazione artificiale diversa. In pratica si “photoshoppano” le nuvole per mettere in evidenza aspetti che altrimenti sfuggirebbero all’occhio umano”.
A sinistra l’immagine di nuvole temporalesche come sono viste oggi con i satelliti di seconda generazione, a destra il miglioramento atteso con la terza generazione
Il ruolo della Svizzera e la ricezione dei dati in Vallese
Sviluppare e gestire dei satelliti meteorologici non è un compito che s’improvvisa, anzi le competenze tecnologiche richieste e i costi sono a livelli molto alti. Ed è proprio per far fronte a questi ostacoli che nel 1986 18 paesi europei – tra cui la Svizzera che è membro fondatore – hanno deciso di unirsi per istituire l’Organizzazione europea per l’esercizio dei satelliti meteorologici – EUMETSAT, con sede a Darmstadt. Da allora il numero dei Paesi che fanno parte di questa organizzazione è salito a 30. Il vantaggio di questa operazione è presto spiegato: “Bisogna pensare che il nostro Paese, la Svizzera, si fa carico unicamente del 3,5% dei costi dell’organizzazione, ma beneficia del 100% delle prestazioni e servizi offerti da EUMETSAT. Credo che questo dato basti già da solo a dimostrare l’importanza di questa cooperazione in ambito tecnologico e scientifico… anche se ovviamente il contributo non è solo finanziario, ma anche e soprattutto scientifico, compreso un ruolo nello sviluppo della nuova generazione di satelliti. EUMETSAT favorisce uno scambio continuo di competenze e conoscenze sui metodi di previsione tra i vari servizi meteorologici. Senza contare che MeteoSvizzera, come servizio meteorologico e climatologico di una nazione alpina con un’orografia complessa e dettagliata, è particolarmente interessata a immagini con una risoluzione spaziale molto elevata e, per questo, sviluppa anche specifici metodi di elaborazione dei dati satellitari che poi condivide con i partner”.
Alain Berset e il direttore di Eumetsat Phil Evans durante l'inaugurazione della stazione di ricezione a Leuk lo scorso 6 maggio
C’è poi un altro elemento che mette la Svizzera al centro della nuova generazione dei satelliti meteorologici europei: la già citata nuova stazione di ricezione satellitare a Leuk, in Vallese. Inaugurata lo scorso 6 maggio alla presenza del Consigliere federale Alain Berset e del Direttore di EUMETSAT Phil Evans, essa fa fare un salto in avanti nella capacità di ricezione e di elaborazione dati. La seconda stazione dedicata a questo scopo si trova invece a Gera Lario, sul Lago di Como non troppo distante dal Ticino. Ma perché questi due luoghi, tra cui appunto il Vallese? “Il motivo è molto importante: queste antenne comunicano con i satelliti ad una frequenza relativamente alta ma, in caso di forti piogge, non sono più in grado di ricevere il segnale in modo affidabile. Per questo era importante trovare un punto sulla Terra in cui due antenne siano relativamente vicine, ma nel contempo in cui le condizioni meteorologiche siano molto diverse. La presenza della catena alpina tra Gera Lario e Leuk assicura situazioni meteorologiche completamente diverse tra le due località. Quando a Gera Lario imperversano forti temporali e piogge, possiamo continuare a ricevere i dati a Leuk e viceversa. In Vallese sono installate tre antenne dal diametro di 6,5 metri che permetteranno alla stazione di ricevere dai nuovi satelliti ogni minuto un’enorme quantità di dati, che da qui verranno trasmesse alla sede principale di EUMETSAT in Germania.”
Nuova stazione di ricezione satellitare
Telegiornale 06.05.2022, 20:00
Guardare fuori dalla finestra non basta
Lo sappiamo ed è sicuramente capitato praticamente a tutti quando la previsione non coincide con la realtà dei fatti e magari ci rovina i piani: maledire (bonariamente s’intende ovviamente) il meteorologo di turno o il servizio di previsioni del luogo in cui ci troviamo… e a chi non sarà capitato di pensare: ma non potevano semplicemente guardare fuori dalla finestra? “In realtà – risponde Marco Gaia – guardiamo fuori dalla finestra, eccome. Questo non può però certo bastare e in questo senso l’importanza dei satelliti è fondamentale: ci permettono infatti di poter guardare al di là delle montagne, per arrivare anche laddove normalmente non si vede, e intendo ogni angolino di tutto il nostro pianeta e della nostra atmosfera. Anche perché le perturbazioni che determinano il tempo in Svizzera si sviluppano di solito lontano dalle Alpi: nel Mare del Nord, oppure nell’Atlantico o ancora nel Mediterraneo… spesso quindi a migliaia di chilometri di distanza. I satelliti meteorologici ci permettono di seguire passo per passo lo sviluppo della nuvolosità che accompagna queste perturbazioni. I meteorologi e le meteorologhe possono così giocare d’anticipo, magari anche di un paio di giorni, identificando quelle più attive e potenzialmente pericolose. Allo stesso modo possono poi venire emesse le opportune allerte, ma anche già solo fornire un’adeguata consulenza ai piloti che dovranno attraversarle”.
Il cielo sulla Svizzera il 22 settembre 2022 a mezzogiorno è ancora sereno, senza nuvole, ma una perturbazione si è sviluppata sull’Atlantico. La sua presenza è messa in evidenza dalla fascia nuvolosa che dal centro Atlantico si estende alla Norvegia, passando sulle Isole britanniche
Anche in Svizzera, per esempio, i temporali estivi possono essere così forti da provocare intense grandinate, allagamenti improvvisi e forti raffiche di vento, con danni che purtroppo non sempre si limitano agli aspetti materiali. “Reagendo adeguatamente è però possibile proteggersi e, a questo proposito, i satelliti meteorologici danno un aiuto che in molti casi può risultare determinante. Rispetto ad altri strumenti, che reagiscono solo al momento in cui nella nuvola temporalesca si sono formate le gocce di pioggia o i chicchi di grandine, i satelliti permettono infatti di identificare la nuvola temporalesca a uno stadio preliminare, appena inizia a svilupparsi. Un anticipo magari di pochi minuti, ma che nel caso di fenomeni così improvvisi e violenti come i temporali, può fare la differenza. Anche la nebbia, al di là dell’influenza sull’umore delle persone, è d’intralcio ai trasporti, da quelli su strada a quelli aerei: “In Svizzera tra ottobre e marzo, soprattutto nelle zone pianeggianti, si sviluppa spesso della nebbia o della nebbia alta. Conoscere l’estensione della nebbia aiuta nelle consulenze e permette di stimare meglio il momento della sua dissoluzione. Da ‘sotto’ però la vista è ostacolata proprio dalla presenza della nebbia stessa, mentre da ‘sopra’ – con l’occhio dei satelliti meteorologici – si può invece osservare e capire decisamente meglio”.
Sia sull’Altopiano, sia sulla Pianura Padana verso mezzogiorno del 26 marzo 2018 era presente ancora molta nebbia
I satelliti, il loro futuro e l'apporto scientifico e tecnologico della Svizzera: intervista a Giambattista Ravano
RSI/Alex Ricordi - Fabio Salmina 02.03.2020, 16:25
L’ultimo anello: i satelliti e i supercomputer, alleati per previsioni migliori
Fino agli anni ’50-’60 del secolo scorso le previsioni meteorologiche erano esclusivamente elaborate a mano. Poi, dopo la seconda guerra mondiale, lo sviluppo dell’informatica le ha gradualmente automatizzate. Oggi la base per ogni previsione, di qualunque tipo e per qualunque utente, è fornita dai supercalcolatori che simulano i processi che avvengono nell’atmosfera: “Questi supercomputer – come ad esempio quello di Lugano dell’ETHZ o quello del Centro europeo di previsioni meteorologiche attivo dal 2021 a Bologna, utilizzato anche da MeteoSvizzera – applicano le leggi della fisica per calcolare e simulare ad esempio dove i venti spostano e mescolano l’aria fredda con l’aria calda, dove l’atmosfera è più instabile e favorevole allo sviluppo dei temporali, dove invece è più stabile e favorevole alla formazione della nebbia, e via dicendo… L’avvento dei satelliti meteorologici, avvenuto a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, ha portato un grande beneficio anche per queste simulazioni.
Il nuovo supercalcolatore del Centro europeo di previsioni meteorologiche a medio termine attivo dal 2021 a Bologna, utilizzato anche da MeteoSvizzera.
Infatti, programmare adeguatamente il supercomputer non è sufficiente, dobbiamo anche dargli un punto di partenza da cui iniziare a effettuare i suoi calcoli, altrimenti non saprebbe nemmeno se siamo in estate o in inverno oppure se sulle Alpi stanno già soffiando correnti da sud o da nord, per fare due esempi. Questa ‘fotografia iniziale’ viene creata con i più disparati sistemi di misura da tutto il mondo: le stazioni di misura al suolo forniscono il valore della pressione, i radiosondaggi rilevano l’andamento verticale della direzione e della velocità del vento, i sensori montati sugli aerei misurano la temperatura e l’umidità a diverse quote, i radar rilevano le zone di precipitazione, e potrei continuare ancora. Ma arrivando ai satelliti si può dire che con il loro lavoro completano l’immagine di partenza con informazioni che abbracciano l’intero pianeta. Grazie infatti alla loro posizione, a centinaia o migliaia di chilometri sopra la superficie terrestre, forniscono informazioni sullo stato dell’atmosfera anche dagli oceani o dalle zone desertiche.
La distribuzione delle fonti di dati utilizzati per “dare il via” ai calcoli dei supercomputer il 25 settembre 2022. A sinistra le stazioni al suolo, a destra i dati dai satelliti geostazionari. Questi ultimi forniscono dati essenziali da regioni poco coperte dalle stazioni al suolo
Regioni nelle quali è difficile, se non impensabile, installare e gestire una densa rete di stazioni meteorologiche. Questi dati provenienti da regioni remote hanno portato un notevole beneficio per le simulazioni svolte dai supercomputer, migliorando di molto l’affidabilità delle previsioni, anche se non in tutto il mondo alla stessa maniera. Il miglioramento più grande lo hanno infatti avuto le regioni dell’emisfero australe, quello a sud dell’equatore. Qui infatti, come già visto anche in altre puntate de #lameteospiegata, troviamo una superficie poco popolata e coperta in buona parte da oceani. Di conseguenza ci sono relativamente poche stazioni di misura al suolo, che sono tra l’altro molto distanti tra di loro. Senza i satelliti meteorologici non avremmo informazioni sulle condizioni atmosferiche di queste aree della Terra, e grazie al loro lavoro possiamo avere previsioni migliori anche qui” conclude con una nota di ‘gratitudine tecnologica’ il responsabile di Locarno-Monti Marco Gaia.
Un'immagine dell'uragano Joaquin visto dai satelliti meteorologici nell'ottobre del 2015
Meteo notte
Meteo 31.01.2023, 23:15