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"Ho riconosciuto una valigia. Ecco come ho saputo"

Moglie e figli uccisi da un colpo di mortaio a Irpin: il racconto di Serhiy Perebyinis è un simbolo del dolore della guerra in Ucraina e di tutte le guerre

  • 13 marzo 2022, 12:46
  • 20 novembre, 18:29
Mykyta and Alisa

Mykyta e Alisa in una foto data dal padre Serhiy al New York Times.

Di: Antonio Civile 

È passata una settimana da quando un colpo di mortaio li ha uccisi per strada a Irpin, mentre con le valigie e i trasportini per i cani cercavano di fuggire dalla guerra che li aveva colti nella loro casa di Kiev.

Alisa, 9 anni, Mykyta, 18 anni, la mamma Tetiana, 43 anni. La sorte della famiglia Perebyinis deve scuotere le coscienze di chiunque, persino di chi cerca di giustificare questa invasione dell’Ucraina. L’istante della loro uccisione, impresso per sempre nelle immagini di Linsey Addario, è già una delle foto simbolo di questa guerra e di tutte le altre guerre.

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Dietro la sfocatura, la famiglia massacrata da un colpo di mortaio domenica a Kiev, scattata dal premio Pulitzer Linsey Addario. Una scena brutale che vi raccontiamo nell'articolo.

  • AP/Addario

Il padre e marito Serhiy si è salvato perché era altrove e cercava di prestare assistenza alla madre. E in questi 7 giorni ha iniziato a raccontare la storia dei figli e della moglie. Una testimonianza raccolta dal New York Times in una difficile pagina di cronaca firmata dal reporter Andrew Kramer. È possibile leggerla qui e ritrovare anche le altre foto della famiglia.

Serhiy e Tetiana si erano conosciuti al liceo e poi ritrovati dopo anni in una discoteca. Sposati nel 2001, lei contabile, lui programmatore, vivevano poco fuori Kiev con i figli e due cagnolini. Amavano il giardino, la campagna, sciare. Una famiglia come tante altre, con lo sguardo rivolto al futuro.

Finché il 24 febbraio Mosca ha ordinato l’invasione del loro Paese. In breve tempo la guerra li ha raggiunti sulla porta di casa: una notte, un bombardamento colpisce il loro palazzo e dunque Tetiana decide che è giunto il momento di trovare rifugio altrove. Serhiy è a est, dalla madre malata, quindi la famiglia tenta di lasciare la zona. Per ritrovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Come tanti civili innocenti morti in questa e in tutte le altre guerre. Lontani, loro, dalle immagini dei giornalisti e dei reporter.

Serhiy, 43 anni, ha appreso della morte delle persone a lui più care in un modo tremendo: leggendolo su Twitter. La notte prima aveva detto alla moglie: “Perdonami perché non posso proteggerti. Sto cercando di prendermi cura di una persona ma non posso farlo con te”. “Non preoccuparti, ti raggiungerò”, gli aveva risposto la moglie. “Tutti devono sapere cosa sta accadendo qui”, ha raccontato Serhiv al corrispondente del Times, consegnandogli anche le foto della sua famiglia.

Erano già fuggiti una prima volta dalle bombe. Era il 2014 e vivevano a Donetsk quando scoppiò la rivolta filo-russa. Avevano quindi deciso di ricostruirsi una vita a Kiev. Con l’arrivo dei carri armati russi, il datore di lavoro di Tetiana, una società con uffici a Londra e in California, aveva offerto a tutti la possibilità di spostarsi al sicuro in Polonia. Ma non era stato possibile farlo perché ancora Serhiy non sapeva come trasferire la madre malata.
Il figlio 18enne aveva iniziato a dormire di giorno per poter vegliare sulla madre e la sorella durante la notte e avvisarle quando bisognava scappare nei rifugi. Dopo un tentativo di fuggire fallito sabato, domenica presto Tetiana ha avvisato Serhiy che avrebbero riprovato, raggiungendo prima una chiesa e unendosi a un altro gruppo di civili in fuga. Dopo aver guidato da Kiev a Irpin, Tetiana è obbligata a lasciare l’auto per attraversare a piedi un ponte già bombardato. Una zona esposta all’artiglieria russa. Ad accompagnarli, un volontario della chiesa che dopo aver portato al sicuro la propria famiglia era tornato indietro per aiutare gli altri. Anatoly. È morto anche lui, insieme a Tetiana e ai ragazzi, quella maledetta domenica.

Serhiv cercava di seguire gli spostamenti della moglie con la localizzazione del cellulare. Quando verso le 10 risultò essere dentro un ospedale, capì che qualcosa era andato storto. Nessuno rispondeva alle sue chiamate. Mezz’ora dopo, quel post su Twitter con la foto: “Ho riconosciuto la valigia. Ecco come ho saputo”.

Il colpo di mortaio non ha lasciato scampo a questa giovane famiglia ucraina. Il giorno dopo, una coltre di neve ha ricoperto ciò che restava delle loro cose.

02:45

Guerra in Ucraina: Kiev è quasi circondata

Telegiornale 12.03.2022, 21:00

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