Loic, Sam, Rudy e Peter hanno un sogno e lo pretendono: potere fare della musica la loro professione, potere viaggiare all’estero per esibirsi, potersi sentire liberi di esprimere se stessi suonando rock metal. Anche per questo – e non solo per questo – i quattro moschettieri che si fanno chiamare “Phenomy” sono scesi in piazza a Beirut gridando “tawra”, rivoluzione ma anche “hogra” (rabbia) e “karama” (dignità). Tutte parole già sentite durante le cosiddette primavere arabe del 2011 e che ritornano ad essere ribadite nella piazza libanese dallo scorso 17 ottobre.
I “Phenomy”, nelle proteste di questi giorni, che hanno visto in piazza milioni di cittadini, soprattutto giovani e di ogni appartenenza religiosa, settaria e politica, tutti uniti senza distinzioni sotto l’egida della bandiera libanese, hanno le stesse richieste di tutti gli altri: stop alla corruzione, sì a una vita più sostenibile e meno costosa; più servizi, ma non a pagamento nella scuola e nella sanità; più lavoro; più dignità; più libertà di movimento e di espressione.
Libano, si dimette il premier Hariri
Telegiornale 29.10.2019, 21:00
Come tutti, anche i “Phenomy” chiedono le dimissioni di questo governo che, come dice Rudy, il batterista del gruppo, “ha occupato il Paese da 13 anni”. Non sono bastate le dimissioni del primi ministro Saad Hariri per fare cambiare idea ai libanesi e non fare definire questo governo “occupante”. Di certo non bastano a cambiare la condizione di questi giovani musicisti, stretti tra la necessità di viaggiare per lavorare, guadagnare per vivere e farsi conoscere e l’impossibilità di farlo.
Laura Silvia Battaglia