Prosegue il viaggio tra i "Caffè particolari": da Torino a Praga, da Praga a Gerusalemme e da qui a Roma. Oggi arriviamo a Tunisi.
Dire caffè, in Tunisia, equivale a dire pausa, conversazione ma soprattutto società, attivismo, politica. Al punto tale che la rivoluzione del 2011 è stata fatta anche discutendo nei caffè di Avenue Bourguiba e alcuni tra le decine di esercizi commerciali si contendono il ruolo di pensatoio delle azioni di piazza, soprattutto nelle proteste contro il regime di Ben Ali. Tra questi c’è il Café L’Univers, ritrovo di storici socialisti, che credono ancora nel panarabismo e benedicono la Francia e dove il venerdì, giorno di chiusura, dietro le saracinesche si beve alcool, in tacita insubordinazione alle regole di comportamento dell’Islam.
Ma negli ultimi anni, è cresciuto il numero di caffè frequentati da bohémien, artisti di talento ma con pochi denari per sbarcare il lunario. E il principe di questa nuova intellighenzia che avanza è il Cafè Anba (in arabo_significa "uva”), un caffé incastonato nell’antica Medina, ma che con vivacità assoluta coccola i creativi locali e sforna sempre nuovi artisti, esibendoli durante il Festival Interference.
Mustafa Lofti è il proprietario, un uomo di poche parole ma che fa una riflessione fondamentale: oggi, nell’era della post-rivoluzione tunisina si fa meno attivismo strettamente politico ma molta "politica dal basso”, come lui la definisce. In soldoni, intende circolazione di idee creative, valorizzazione della bellezza dei luoghi, riqualificazione di zone abbandonate della città. Iniziando, appunto, dalla città vecchia e dalle sue botteghe artigiane.
Come? Magari ambientando qui una buona parte dei videoclip dei rapper tunisini, dei corti dei filmmaker locali, delle produzioni cinematografiche tunisine che vogliono raccontare la rabbia, i sogni e le speranze delle ultime generazioni.