Il Mar Morto, uno dei più iconici laghi salati al mondo, perde ogni anno una quantità di acqua pari a circa mezzo milione di piscine olimpioniche. Le sue rive indietreggiano ogni anno di più di un metro e si lasciano indietro crateri e terre fragilissime che collassano all’improvviso. Il problema è quasi esclusivamente di natura umana, causato dalla massiccia estrazione dei minerali – in particolar modo la potassa, utilizzata per la manifattura delle ceramiche - contenuti nelle preziose acque salate del Mar Morto. Il restringimento agisce in modo negativo sul clima di tutta la zona, riducendo l’effetto mitigatore del Mar Morto che assorbiva calore in estate per rilasciarlo in inverno. Così, tutta la rete acquifera intorno al Mar Morto - fiumi, canali, stagni, bacini sotterranei - si sta prosciugando per bilanciare le perdite, colpendo tutto l’ecosistema delle oasi circostanti.
Le soluzioni ci sono – per esempio, il cosiddetto Red Dead Canal che si propone di portare 300milioni di metri cubi di acqua all’anno al Mar Morto - ma passano per una collaborazione regionale spesso difficile in Medio Oriente. Abdel Rahman Sultan, direttore di Eco Peace Middle East, dice: “Dobbiamo capire che in Medio Oriente siamo tutti sulla stessa barca e abbiamo un unico obiettivo: sopravvivere. Se finisce l’acqua, se solo uno di noi resta senza acqua, tutti abbiamo un problema. Siamo sulla stessa barca e la barca deve continuare a galleggiare”.
Laura Silvia Battaglia