Fino allo scorso secolo era una pratica diffusa in tutta Europa e in Asia. Gli “orsi che danzano”, ridotti in cattività e ammaestrati per il divertimento del pubblico, risalgono al Medioevo. Fino a pochi anni fa venivano ancora condotti in varie città dell'India, della Turchia e dei Balcani. Un anello al naso ed uno al ventre, l'orso si alzava in piedi mentre il suo conduttore suonava uno strumento musicale, di solito un violino o una fisarmonica. Ma a farlo muovere non era la musica, bensì il dolore provocato dallo strattonamento delle catene.
Oggi questa feroce pratica è stata abbandonata un po' ovunque. Anche se pare comprovato che resti ancora qualche orso danzante in alcuni villaggi dell'Albania.
Il cambiamento è partito dalla Bulgaria, dove un gruppo di professionisti amici degli animali ha condotto una lunga battaglia per sensibilizzare le Istituzioni e l'opinione pubblica. Ne è nato il parco degli “orsi danzanti”. Un angolo di foresta, vicino al villaggio di Belitsa, là dove la valle del fiume Mesta separa la catena montuosa del Rila da quella dei Rodopi. Il parco è stato creato nel 2000 grazie agli sforzi dell'organizzazione internazionale “Four Paws” e della fondazione voluta dall'attrice francese Brigitte Bardot. L'obiettivo era quello di salvare tutti gli orsi che venivano utilizzati per il divertimento dei turisti nel Paese. Nel 2007 sono stati ospitati gli ultimi orsi danzanti provenienti dal territorio di Bulgaria. Negli anni successivi il parco ha dato rifugio ai plantigradi provenienti dalla vicina Serbia e dall'Albania, oltre agli orsi da circo, quelli tenuti illegalmente in cattività e quelli provenienti dagli zoo dei Balcani.
Il parco degli "ex" orsi danzanti di Belitsa in Bulgaria
Il parco ospita attualmente 26 animali e si sviluppa su una superficie di circa 50 ettari, all'interno di un bosco tra le montagne, a poca distanza dagli impianti sciistici di Bansko. Qui offre le migliori condizioni per la vita dei suoi ospiti. “Animali che hanno una dignità – dice il responsabile del parco, Dimitar Ivanov – e che noi difendiamo".
Gilberto Mastromatteo - Massimo Lauria