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La banca dei semi del Libano

Al confine con la Siria, un centro di ricerca vuole preservare l'esistenza delle colture locali, anche in vista dei cambiamenti climatici e della crisi alimentare

  • 2 maggio 2022, 05:59
  • 20 novembre, 16:04
04:29

La banca dei semi del Libano

Arianna Poletti e Sara Manisera 02.05.2022, 08:00

Di: Arianna Poletti e Sara Manisera 

Nella valle della Bekaa, tra le montagne al confine tra Libano e Siria, un gruppo di ricercatori studia e conserva i semi locali del Mediterraneo e della Mezzaluna fertile, un patrimonio che sta scomparendo con gli anni, sostituito dalle varietà ibride importate utilizzate nelle monoculture.

È tra queste montagne dell’entroterra libanese che ha sede uno dei massimi centri di ricerca sulle zone aride e banca dei semi, l’Icarda, dove centinaia di varietà e genomi sono studiati, duplicati e poi trasferiti alla Banca dei semi delle isole Svalbard, in Norvegia, garante della preservazione della diversità delle colture nel mondo.

“Se questi semi sono arrivati fino a noi è grazie alle generazioni passate che ce li hanno trasmessi. Abbiamo la responsabilità di garantire la loro conservazione e continuare questo ciclo per le generazioni future”, racconta la responsabile del sito, Mariana Yazbeck.

Oggi l’Icarda si trova in Libano, ma fino a qualche anno fa questo centro di ricerca aveva sede ad Aleppo, in Siria. Con la guerra e i bombardamenti sulla città, nel 2011 i ricercatori sono stati costretti a mettere in salvo la collezione di 140.000 semi e trasferirsi oltreconfine. Questi genomi, oggi, si rivelano una risorsa fondamentale per una regione particolarmente colpita dalla crisi climatica.

Con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e l’aumento dei prezzi dei cereali, i semi autoctoni conservati all’Icarda, più resistenti e adatti al clima locale, rappresentano un’alternativa alla crescente dipendenza dalle importazioni dei beni di prima necessità del Libano. Oggi il Paese importa l’85% delle proprie scorte di grano da Ucraina e Russia.

L’Icarda propone invece un modello di agricoltura alternativo, lavorando a stretto contatto con i contadini libanesi che lottano per garantire al Paese una maggiore sovranità alimentare. In Libano, si stanno moltiplicando progetti e cooperative che ritornano ad utilizzare questi semi per produrre localmente e rispondere così alla crisi alimentare che attraversa il Paese.

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