Prima un boato, poi una densa nube di fumo, avvolge la parte terminale del capannone che ospita la Fabbrica del Riciclo, luogo di stoccaggio e recupero di oggetti usati. È il 14 agosto e il ponte Morandi di Genova è letteralmente crollato dentro l'edificio. Dentro sono tutti salvi.
“In pochi secondi è andato distrutto uno dei progetti di recupero sociale, lavorativo e ambientale gestito dalla Comunità San Benedetto al Porto, faticosamente costruito in due anni e mezzo”, spiega Domenico Chionetti, presidente della Comunità fondata nel 1970 da don Andrea Gallo, il prete di strada che tra i primi ha intuito l'importanza di un approccio proattivo nel reinserimento sociale dei tossicodipendenti e delle persone in difficoltà, in antitesi con i modelli assistenzialistici.
La Fabbrica del Riciclo prima e dopo il crollo di Ponte Morandi
Nonostante gli annunci di progetto, da parte del Comune, per far rinascere la Fabbrica del Riciclo, ad oggi non si vede uno sbocco concreto. “Eppure in quel luogo abbiamo unito capacità lavorative, di recupero, di sviluppo della raccolta differenziata con la possibilità di un riuso etico e sostenibile per i più deboli”, osserva Chionetti.
Massimo Lauria