Potrebbero essere considerati sempre delle pecore nere, indipendentemente dall'angolo dal quale si guardi la loro storia. Giulia Jannelli, milanese, e Maxi Gutierrez, argentino di Buenos Aires, erano degli “animali” di città, finché non hanno deciso di abbracciare i sentieri della Valle Stura di Demonte, in provincia di Cuneo, con tutta la sua storia e il suo patrimonio alpino. Pecore nere anche per gli abitanti di questa montagna e di questi villaggi, che però li hanno adottati. E loro, con pazienza e dedizione, ne hanno rivivificato le tipicità, a partire dal mettere in atto una reazione naturale agli effetti del cambiamento climatico. Con la cooperativa “Germinale” – di cui fa parte, tra gli altri, anche l’agronomo toscano Luca Marchetti – Giulia e Maxi si dedicano da alcuni anni ad allevare le rare pecore sambucane autoctone e a coltivare le erbe alpine d’altura, utili a bloccare l’estensione della boscaglia, effetto dell’incuria dell’uomo. Non solo: fanno germinare queste erbe anche per raccoglierle, ripiantarle e per conoscerne le proprietà alimentari o medicinali, trasformandole in cibi per la pronta consegna o in preparati per la conservazione.
“Il cambiamento climatico non si può contrastare, ma si possono assecondare le reazioni della natura ad esso, valorizzandole per l’equilibrio del territorio”, dice Maxi, che ritiene che gli effetti dello sfruttamento dell’uomo, se a valle non sono arginabili, in montagna si possono ridurre. E mentre la cooperativa “Germinale” apre le sue porte anche a progetti di tirocinio per persone migranti, in agricoltura e in cucina, è importante capire che la protezione delle erbe alpine è soprattutto uno stile di vita. “Ritornare a vivere di economia di raccolta – sottolinea Giulia – significa ricominciare ad alimentarsi in maniera stagionale e territoriale: una scelta più umana e sostenibile”.
Laura Silvia Battaglia