L’Ungheria è una delle nazioni europee meno accoglienti in fatto di migranti. Il governo di Viktor Orban, nell'estate del 2015, aveva risposto alla crisi umanitaria che aveva interessato i paesi balcanici costruendo una barriera di filo spinato per centinaia di chilometri sul confine, per blindare le frontiere ungheresi contro la massa di persone in fuga che, a piedi percorreva la linea ferroviaria per raggiungere l’Europa. Durante lo scorso inverno è stata realizzata una seconda barriera difensiva, definita intelligente perché dispone di sensori avvista persone, posizionati uno ogni quindici centimetri.
E negli ultimi mesi la situazione si è inasprita ulteriormente: una legge approvata a marzo ed entrata in vigore ad Aprile prevede infatti che tutti i migranti trovati sul territorio ungherese vengano sistematicamente portati in centri di raccolta chiusi, campi detentivi denominati “zone di transito”, all’interno dei quali dovranno rimanere, senza permessi né possibilità di uscire, finché la loro domanda di asilo sarà esaminata e riceverà una risposta.
Siamo stati lungo il confine serbo-ungherese, abbiamo attraversato quella doppia barriera di filo spinato insieme ad un giornalista freelance di Seghedino, Márk Zoltán Kékesi che è anche uno dei coordinatori di Migszol Szeged, una ong ungherese che negli ultimi anni si è contraddistinta nell’aiuto ai richiedenti asilo e ai senza fissa dimora . E con lui abbiamo cercato di capire cosa ci sia dietro la “fobia dei clandestini” che si è impossessata dell’Ungheria.
Romina Vinci
N.d.R.: Visto da @NouvoRSI -
L'Europa contro l'Ungheria
RSI 19.05.2017, 19:00