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La strage degli innocenti

L'attentato di Manchester non è un altro Bataclan - Riflessione a margine dell'attacco all'Arena di Laura Silvia Battaglia

  • 24 maggio 2017, 12:31
  • 23 novembre, 05:35
Manchester, il giorno dopo...

Manchester, il giorno dopo...

  • ©Keystone

Quando la macchina del terrore colpisce e/o utilizza bambini o giovani negli attentati - come vittime o come attori - intende dare segnali concreti e simbolici sul fatto che la sua strategia, oltre che incidere nel presente, incide sul futuro della società colpita.

La storia del terrorismo di matrice islamica e di ispirazione apocalittica, ce lo insegna.

La strage di Beslan,  settembre 2004, 186 minorenni uccisi

La strage di Beslan, settembre 2004, 186 minorenni uccisi

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Il commando che entrò nella scuola elementare di Beslan, in Cecenia, il 1.settembre 2004, e ne uscì due giorni dopo, uccidendo 333 persone (di cui 186 minorenni) e ferendone 783, intendeva infliggere una lezione esemplare al governo russo di Putin e ai suoi sostenitori in Ossezia del Nord. L'azione dei separatisti ceceni mirò ad avere effetti sul lungo e lunghissimo periodo. Non avevano torto, in quanto a previsioni: dal Comitato Madri di Beslan ai giovani ceceni che continuano a rinforzare le fila del sedicente Stato Islamico (IS) di al-Baghdadi, la strage di Beslan ha creato una profonda frattura tra Russia e Cecenia, più profonda ancora di quanto non lo fosse prima di questa azione militare violentissima.

L'attentato di Sana'a dell'ottobre 2014, compiuto con due bimbi bomba

L'attentato di Sana'a dell'ottobre 2014, compiuto con due bimbi bomba

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L'attentatore del 9 ottobre 2014 in piazza Tahrir a Sana'a (Yemen) si fece esplodere in una banca tenendo per mano due bambini. L'attentato (67 morti e 75 feriti), rivendicato da Wilaya Sana'a (la sigla "provinciale" dello Stato Islamico), segnò l'inizio di una serie di attacchi che precipitò il Paese in uno stato di estrema debolezza, preparandolo alla guerra civile.

Garissa, Kenya, attacco al college: 147 ragazzi uccisi

Garissa, Kenya, attacco al college: 147 ragazzi uccisi

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Il 2 aprile 2015 le milizie al-Shabaab fecero irruzione nel campus universitario di Garissa, in Kenya, uccidendo 147 ragazzi. Voleva essere un colpo durissimo inferto al governo keniano per la sua attività commerciale e diplomatica con gli ex-colonialisti e alla società civile locale, alla convivenza e alla tolleranza etnico-religiosa che l'ateneo incarnava.

Assistevano a una partita di pallone a Iskandariya. Morirono in 29.

Assistevano a una partita di pallone a Iskandariya. Morirono in 29.

  • ©Keystone

Il 25 marzo 2016 un attentato uccise 29 ragazzi che assistevano a una partita di football a Iskandariya, 40 km a sud di Baghdad. L'attentato, rivendicato da IS, aveva la funzione di colpire nello specifico la gioventù di Baghdad, già vittima di centinaia di attentati dal 2006 a oggi, ma mai con un'attenzione cosi mirata e pervicace e pronta ad impegnarsi nel contrasto al terrorismo nell'esercito o in unità speciali.

A Mosul i bambini soldato sparano e muoiono

A Mosul i bambini soldato sparano e muoiono

  • ©Keystone

Nella battaglia di Mosul, più della metà degli attentatori suicidi sono teenagers. Tutti noi, reporter sul posto, abbiamo raccolto storie orrende di bambini radicalizzati, strappati alle famiglie oppure orfani, cresciuti a pane e apocalisse, resi certi che non valga la pena di vivere se non per morire.

E ora... l'attentato di Manchester

L'attentato di Manchester sembra un altro Bataclan ma non lo è. Segna una pietra "miliare" devastante e simbolica nella narrativa dei terroristi in Europa. Di fatto, agisce nel presente per proiettarsi nel futuro. Dichiara che i figli di questa Europa non hanno diritto a vivere. E soprattutto chiede implicitamente, a chi per ora assiste impotente, di conservare questa memoria e di crescere dei vendicatori bambini all'altezza dei terroristi, per innalzare lo scontro al livello massimo e minare ogni convivenza civile.

I terroristi sanno che i genitori non hanno molto tempo per crescere i figli e che le fiabe sono lo strumento migliore per semplificare il loro mondo: qui i buoni e i cattivi sono sempre chiari e definiti. E possono diventare "quelli che vivono tra noi, ma che sono diversi da noi" e da cui bisogna guardarsi.

Questo meccanismo lo abbiamo già visto abbondantemente in Medio Oriente ed è una storia che, con sgomento, si allarga e si ripete.

*collaboratrice RSI tutor senior della Scuola di Giornalismo dell'Università Cattolica di Milano

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