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Le pecore morte di Antonio

La piattaforma petrolifera su terra ferma più grande d'Europa è a Corleto Perticara, comune dove il tasso di mortalità cresce in fretta

  • 20 gennaio 2019, 08:57
  • Ieri, 23:13
05:13

Terra avvelenata

RSI/Stefano Lorusso Salvatore 20.01.2019, 12:21

  • ©Stefano Lorusso Salvatore

Antonio è un allevatore. Da una vita porta a pascolare le sue pecore nei prati e sulle montagne della Val d’Agri, piccola zona in Basilicata, regione del sud Italia, dove si alternano pianure e montagne rocciose. Da anni ha aperto una piccola azienda agricola per mettere a frutto il suo sapere contadino. Produceva latte, formaggi e carne di agnello, in questa regione, la Basilicata, a tradizione agricola, tra le più povere d’Italia. L’allevatore un giorno scopre le sue pecore straziate al suolo, con il fegato e la milza spappolati. Gli agnelli iniziano a nascere deformi. L’acqua del suo pozzo, dove si abbeverano le sue bestie, diventa gialla. Antonio chiede aiuto, ma le autorità non lo ascoltano. Allora decide di far analizzare i suoi prodotti. Vi trova ferro, manganese, alluminio ed altri metalli pesanti. La sua terra, i suoi animali sono avvelenati, contaminati. Perché?

Oro nero e morti senza un perché

Antonio e gli abitanti del suo comune - Corleto Perticara - vivono da anni con l’oro nero sotto i piedi. A pochi metri dal suo campo, vi è un pozzo di petrolio, uno di quelli che compone la fortuna delle compagnie che hanno edificato la piattaforma petrolifera su terra ferma più grande d’Europa: Tempa Rossa, 50.000 barili di greggio al giorno a pieno regime. Un affare miliardario, in un paese di appena tremila anime, nell’entroterra contadino lucano. Ma... estrazione petrolifera e antropizzazione sono compatibili? Antonio si ciba da sempre dei prodotti della sua azienda agricola. E oggi, ha un tumore. Le morìe sospette di animali interrogano. I dati dell’Istat allarmano: vicino ai pozzi, si muore più che altrove. Soltanto a Corleto Perticara, tra il 2011 e il 2014 il tasso di mortalità è cresciuto del 23%, rispetto al 2% della media italiana.

Ma secondo l’Arpab (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente nella Basilicata) e le autorità politiche regionali, va tutto bene. Non vi è alcun legame tra attività petrolifera, sospetto inquinamento dei suoli e recrudescenza di malattie tumorali.

Stefano Lorusso Salvatore

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