La finestra di Fatima Ndoye si affaccia sul porto di Dakar. Da qua, il centro della capitale senegalese, la Svizzera è lontana. Eppure nel racconto di Fatima, la città di Ginevra, dov’è nata, è ancora presente nel bene e nel male. Presente nella sua memoria nei difficili anni dell’infanzia, in un collegio dov’era l’unica mulatta, e nei ricordi della natura incontaminata che la circondava, poi fonte d’ispirazione per il suo lavoro di coreografa.
“L’opinione generale sulla Svizzera è piuttosto stereotipata in Senegal - racconta Fatima - . Quando mi succede di dire dove sono nata, dopo lo stupore, segue una serie di generalizzazioni sul fatto che sia ricca”. La Svizzera per i senegalesi non è una delle mete principali di emigrazione. Nel 2017, Berna ha stimato fossero 1381 i senegalesi presenti nel Paese, con rimesse pari a circa 12,7 milioni di euro. Eppure a Dakar, nell’immaginario collettivo, l’organizzazione e la disciplina sono esempi a cui guardare con ammirazione.
“Mi sono innamorato subito del modello svizzero - racconta Gorgui Wade Ndoye, primo corrispondente senegalese alle Nazioni Unite di Ginevra - . Nonostante alcuni problemi, anche di razzismo, per me rimane un luogo dell’anima”. La fila all’ambasciata svizzera a Dakar è lunga. In coda molti sono giovani che vorrebbero accedere ai programmi di istruzione messi a disposizione dalle università elvetiche. Dal punto di vista economico invece il fil rouge tra questi due Paesi, come per molte altre nazioni dell’Africa Occidentale, sono le esportazioni di oro, che nel 2018 valevano 504 milioni di dollari.
Carlotta Giauna - Davide Lemmi - Marco Simoncelli