Sorpresa, incertezze, paura e speranza sono le principali emozioni provate dai ristoratori nelle ultime due settimane, dopo l’annuncio del Consiglio federale che la riapertura di ristoranti e bar sarebbe stata l'11 maggio e non l'8 giugno. Una decisione inattesa non solo per gli operatori del settore, ma anche per le autorità ticinesi. La decisione ha colto impreparati la maggior parte dei ristoranti e bar che nel giro di due settimane hanno dovuto organizzarsi e allinearsi alle nuove direttive che, in forma definitiva, sono giunte venerdì 8 maggio costringendo molti a rimandare la riapertura.
Una delle grandi incognite di questa riapertura è il ritorno della clientela. C’è chi si dice fiducioso e conta sul fatto che l’impossibilità di viaggiare e di andare all’estero incoraggi le persone a riscoprire il territorio; chi conta sugli affezionati poiché negli anni ha costruito un forte tessuto locale e si è fatto una reputazione; chi invece ha deciso di prendere questa emergenza come opportunità per reinventarsi. Quasi tutti però sono d’accordo che sostenere gli stessi costi con delle entrate ridotte dovute alle restrizioni sarà complicato. Molti locali, soprattutto quelli piccoli o chi già era in difficoltà prima della crisi legata al coronavirus, rischiano il fallimento. Una situazione delicata che ha portato diversi comuni ha proporre delle misure compensative in favore degli esercenti per attenuare il fenomeno.
La verità è che nessuno può dire: come sarà la ripresa, se le persone torneranno ad andare al ristorante e se saranno disposte ad adattarsi a un nuovo tipo di servizio. La speranza è quella di poter tornare presto a una vita normale e alle piccole abitudini quotidiane, come leggere il giornale al bar mentre si beve un caffè al bancone.