Dušan Veličković, classe 1947, è giornalista e scrittore serbo. Per essersi opposto al regime Milošević già dal momento in cui assunse il potere, sul finire degli anni Ottanta, fu costretto all’esilio. Rientrato a Belgrado dopo qualche anno, assunse la direzione del settimanale letterario NIN. Ma fu rimosso dopo qualche tempo e sempre per divergenze politiche con il regime.
Tra le sue opere tradotte in italiano c’è "Serbia Hardcore", una vivace raccolta di racconti in presa diretta ambientati durante i 78 giorni del 1999 in cui la Nato bombardò Belgrado e la Jugoslavia – l’ultima Jugoslavia, composta da Serbia e Montenegro – per porre fine alla repressione esercitata in Kosovo da Milošević. Il famoso “intervento umanitario”, mai digerito dai serbi, che però indugiano troppo spesso nella chiave di lettura più semplice – ovvero, il grande e potente Occidente che bombarda la loro piccola patria – senza indagare a fondo sulle gravi responsabilità del regime, che trascinò il Paese in quella situazione terribile.
Incontrato in un bar del centro di Belgrado, Veličković ci ha parlato dei suoi ricordi di quel periodo, compreso tra il 23 marzo e il 10 giugno, in cui Belgrado fu bersagliata dal cielo. Politica, ma anche scrittura e amore i temi dell’incontro. Primo racconto di una serie RSInews dedicata alla memoria dei bombardamenti.
Matteo Tacconi
(con la collaborazione di Giorgio Fruscione)