Ahmad al-Daour ha allevato api tutta la vita nella Giordania meridionale ed è sempre riuscito a guadagnare abbastanza per mantenere la sua famiglia, ma le cose stanno cambiando. Le temperature in Giordania continuano ad aumentare, le piogge a diminuire e le sue api non resistono anche perché i fiori selvatici che vengono impollinati dalle sue api, come quelli del limone, dell’arancio o di eucalipto, hanno ridotto la fioritura o fioriscono in aree montane.
Le cause in origine sono diverse, tra cui la maggiore salinità dell’acqua, ma il risultato è che molte aziende a conduzione familiare e che non usano pesticidi, come quella di Ahmad e anche un’efficiente cooperativa di donne apicultrici che avevano fatto del miele il loro business, sono costrette a soccombere anche nel mercato locale. Nonostante dunque la qualità del suo miele e un numero di fedelissimi clienti, la produzione degli oltre 2mila alveari che la al Daour Honey (questo è il nome dell’azienda) ha in tutta la Giordania è compromessa, anche perché gli agricoltori possono contare su una limitata estensione territoriale. Ahmad al Daoud, infatti, definisce la conduzione dell’agricoltura in Giordania “una prigione”. Del resto, la situazione non è critica solo a livello locale, ma in tutto il mondo: si stima che un terzo della produzione totale di alveari da miele negli Stati Uniti sia scomparsa e lo stesso vale per l’Europa. Ma in questo caso, il detto “mal comune mezzo gaudio” vale davvero poco. E, soprattutto, non addolcisce la bocca.
Laura Silvia Battaglia