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Turismo: gli svizzeri non bastano

I clienti elvetici hanno contribuito a salvare la stagione, ma l’assenza degli ospiti stranieri si sente. Un primo bilancio

  • 18 agosto 2020, 07:49
  • 22 novembre, 18:44
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Turismo in Svizzera e impatto della pandemia: un primo bilancio della stagione estiva

RSI/Daniele Papacella 18.08.2020, 07:30

È la settimana del rientro, nella maggior parte dei cantoni le scuole hanno ripreso e il settore turistico fa i primi conti. Grigioni e Ticino hanno registrato una buona affluenza, almeno per quello che riguarda la presenza di turisti nazionali. A Verbier, in Vallese, gli alberghi hanno dovuto addirittura reclutare all’ultimo momento del personale aggiuntivo per rispondere all’invasione pacifica di svizzero tedeschi. Ma l’esperto di turismo della Scuola universitaria di Coira, Andreas Deuber, afferma: “In questa crisi sanitaria non ci sono vincitori; al massimo c’è chi ha salvato il salvabile, e questo solo a breve termine. La verità è che nel settore turistico ci sono solo dei perdenti, perché il turismo vive della libertà di movimento delle persone”.

I perdenti

Le cifre rivelano che così bene non è andata. Lucerna, uno dei magneti del turismo internazionale, registra un crollo del 60% dei pernottamenti. Gli svizzeri sono arrivati, ma per rientrare spesso la sera stessa a casa. Le tante escursioni giornaliere hanno riempito le destinazioni di montagna e dato sollievo alle funivie. Ma i turisti nostrani si sono dimostrati piuttosto morigerati: raramente si sono concessi una bella cena al ristorante, una notte in un albergo di lusso e non hanno comprato orologi e souvenir.

In affanno sono poi le offerte più gettonate dal pubblico straniero. Primo fra tutti il Glacier Express, il treno che collega St. Moritz a Zermatt. Nei 90 anni di storia, un crollo simile si è registrato solo durante la Seconda guerra mondiale. “Quest’anno, se andrà bene", afferma Annemarie Meyer, direttrice della società che gestisce il treno turistico," arriveremo al 30% dei passeggeri degli scorsi anni”. In cifre reali questo vuole dire che si passerà dai 265'000 ospiti dell’anno scorso a circa 80'000 per quest’anno. A questo si aggiunge il fatto che la maggior parte di chi pianifica il viaggio di otto ore attraverso le montagne svizzere, prenota una stanza alla partenza e all’arrivo. Il Glacier Express, scelto soprattutto dai turisti americani, è stato per anni un miracolo soprattutto per l’indotto; indotto che ora manca. La stessa cosa vale per altre grandi destinazioni svizzere come Engelberg o lo Jungfraujoch. Per Andreas Deuber il caso è chiaro: “Le capacità e le offerte turistiche svizzere sono troppo grandi per sopravvivere a lungo termine solo con il mercato interno”.

A quando una normalizzazione?

Negli ultimi anni, il turismo svizzero ha puntato molto sui mercati emergenti, come l’India e la Cina, ma anche gli Stati Uniti. L’aumento di questi ospiti è stato esponenziale, ma ora è arrivata la battuta d’arresto. I voli, che portano i turisti in Svizzera sono ancora ridottissimi: in luglio l’aeroporto di Zurigo, principale scalo nazionale, ha segnato una leggera ripresa con 690'000 passeggeri, ma siamo ancora ad un meno 78% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso; i più sono svizzeri che hanno scelto la Spagna o la Grecia, non turisti stranieri in arrivo.

A quando una normalizzazione? Secondo Deuber si possono solo fare delle congetture: “Non ci siamo mai trovati in una situazione simile. Nemmeno gli attentati dell’11 settembre del 2001 o la crisi della Sars hanno avuto conseguenze paragonabili. Attualmente una previsione è impossibile e non è nemmeno chiaro se ci sarà un ritorno alla situazione precedente.”

L’aviazione civile, anello centrale del boom turistico degli ultimi anni, prevede una ripresa solo parziale a partire dall’anno prossimo. Per il turismo vuol dire che i sacrifici non sono finiti, anche se non tutto è perduto, ritiene Andreas Deuber: “Credo che la voglia di viaggiare e scoprire il mondo non muoia con il coronavirus, ma ci vorrà del tempo”.

Daniele Papacella

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