Il rinnovamento in Consiglio federale, la crisi della carta stampata, "no Billag" e i risparmi alla SSR, lo scandalo AutoPostale e gli attriti con l'Unione Europea: ecco una selezione degli eventi e dei grandi trend che hanno segnato il 2018 in Svizzera; li ripercorriamo in 10 capitoli.
La crisi della carta stampata
L'anno comincia con lo sciopero dei giornalisti dell'Agenzia telegrafica svizzera a fine gennaio, dopo l'annuncio della soppressione di una quarantina di impieghi. L'ATS si fonde con l'agenzia fotografica Keystone, ma non è l'unico episodio dell'anno del costante fenomeno di concentrazione della stampa elvetica e della crisi del mercato pubblicitario. Molto più in grande, i gruppi NZZ e AZ hanno dato vita a CH Media, che in novembre sopprime 200 posti. Il 7 giugno arriva un duro colpo: Tamedia, un altro dei pochi attori dominanti del settore, annuncia la chiusura della versione cartacea di Le Matin. L'ultima edizione apre con un necrologio e si chiude con un "adieu": è il 21 luglio. Della fine del Giornale del Popolo dopo il fallimento della Publicitas parleremo nella retrospettiva regionale. Ultima versione cartacea, il 21 dicembre, anche per il Blick am Abend, d'ora in poi disponibile solo online.
"No Billag" e i risparmi alla SSR
Nel giorno della bocciatura della "No Billag", il direttore della SSR Gilles Marchand annuncia che l'azienda risparmierà
Sempre in ambito mediatico, l'animata campagna per la votazione popolare sull'iniziativa "No Billag" si chiude il
4 marzo con un chiaro pronunciamento in favore del mantenimento del canone radiotelevisivo. Anche in Ticino i consensi sfiorano i due terzi. Lo stesso giorno la SSR annuncia tuttavia che risparmierà. Il
"piano R" scatta in giugno: in predicato, 100 milioni di franchi di tagli. Fra le misure più controverse e contestate, il trasferimento dell'informazione
radio SRF da Berna a Zurigo.
Scandalo AutoPostale
Via Susanne Ruoff
La bomba delle
eccessive sovvenzioni incassate da AutoPostale per i suoi servizi di trasporto pubblico, grazie a trucchi contabili, scoppia a inizio febbraio e si allarga rapidamente. Doris Leuthard è delusa, scatta una denuncia penale e l'azienda
promette rimborsi per oltre 200 milioni (ne percepirà anche il Ticino), ma cadono teste una dopo l'altra, compresa l'intera direzione della divisione della Posta. In giugno lascia la numero uno del gigante giallo
Susanne Ruoff, il 22 novembre viene annunciato il nuovo direttore, il ticinese
Roberto Cirillo.
Il caso Raiffeisen
Patrik Gisel, addio a Raiffeisen
L'inizio delle vicissitudini di Raiffeisen va ricercato già nel 2017. È del 5 novembre la notizia dell'
indagine della FINMA per un conflitto di interesse dell'ex direttore generale Pierin Vincenz, indagine che in febbraio diventa penale e che in marzo porta
Vincenz in carcere preventivo (ci resterà fino a giugno). Vincenz è sospettato di essersi arricchito personalmente con operazioni compiute da presidente del CdA di Aduno, in rappresentanza di Raiffeisen. La FINMA constata nella terza banca svizzera
"gravi lacune", fioccano le partenze, da ultima quella del timoniere Patrik Gisel. Arrivano un nuovo presidente del CdA, Guy Lachappelle, e un nuovo direttore,
Heinz Huber.
La cronaca nera
Condannato all'ergastolo
Il processo dell'anno è quello per il massacro di Rupperswil, il delitto più efferato della storia criminale svizzera: il 21 dicembre 2015, una madre, il figlio maggiore, la ragazza di quest'ultimo e il figlio più piccolo (abusato sessualmente prima di essere ucciso), erano stati ammazzati in casa. Il colpevole, arrestato dopo lunghe e costosissime indagini, va
a processo a metà marzo. La Corte lo condanna all'
ergastolo e all'internamento ordinario. Sia accusa che difesa ricorrono in appello: in dicembre, l'internamento ordinario è confermato in seconda istanza.
Le vicissitudini di Maudet
Un anno sotto pressione per Pierre Maudet
In corsa per il Consiglio federale nel 2017 (battuto da Ignazio Cassis), brillantemente rieletto nel Governo cantonale già al primo turno appena un mese prima, l'astro nascente della politica ginevrina
Pierre Maudet è coinvolto in maggio in uno scandalo per un viaggio ad Abu Dhabi offertogli nel 2015. Ha mentito, si scusa, ma non basta: in settembre i colleghi di Governo gli
tolgono alcune prerogative e il Gran Consiglio lo
priva dell'immunità. Piovono le richieste di dimissioni, anche dalla presidente del PLR nazionale
Petra Gössi, che lo ha fatto convocare a Berna.
Choc per Moutier
Una decisione contestata
Moutier si era divisa sul voto per l'appartenenza al Giura, approvata di misura nel giugno del 2017, e si spacca di nuovo il 5 novembre, quando la prefettura
annulla quel risultato per "propaganda inammissibile". I progiurassiani insorgono, ipotizzano pressioni politiche bernesi sulla magistrata e scendono in piazza. Anche osservatori neutrali parlano di "tempi troppo lunghi" per la decisione.
Dimissioni in Governo
Partenti
Attese da mesi, dopo il "no" alla "No Billag",
le dimissioni di Doris Leuthard dopo 12 anni in Consiglio federale arrivano il 27 settembre, la responsabile del DATEC si commuove in conferenza stampa e lascia dopo aver lavato anche la "macchia" di AutoPostale. Si è fatta anticipare però da
Johann Schneider-Ammann, che ha comunicato la sua partenza il 25, mentre lei era a New York.
Due nuove elette
Il giuramento delle due neoelette
La sostituzione dei due partenti monopolizza l'attenzione politica fra novembre e dicembre. Fra i liberali-radicali, la sangallese Karin Keller-Sutter è per la stampa la grande favorita prima ancora di candidarsi ufficialmente. Il
5 dicembre sbaraglia il suo rivale sul ticket, il nidvaldese Hans Wicki, ottenendo subito 154 voti. I popolari-democratici propongono invece due donne provenienti da cantoni di montagna, l'altovallesana Viola Amherd e l'urana Heidi Z'graggen. La spunta la prima, sorprendentemente già al primo turno con 148 voti. Per la prima volta nella storia svizzera, due donne entrano insieme in Governo.
Gli attriti con l'Europa
Un anno impegnativo per il negoziatore Roberto Balzaretti
I negoziati con l'UE sul cosiddetto accordo quadro si concludono dal profilo tecnico nel corso del 2018, ma la decisione politica del Consiglio federale si fa attendere fino a metà dicembre... ed è una non decisione: il Governo mette il testo in consultazione interna, conscio delle forti resistenze. Ci sono questioni delicate, come la protezione dei lavoratori sui quali i sindacati non sono disposti a concessioni, contestano le
aperture di Ignazio Cassis e minacciano un referendum. Bruxelles fa pressioni, legando quel dossier a quello dell'equivalenza borsistica fondamentale per la piazza finanziaria e limitata inizialmente fino a fine 2018. A inizio dicembre, il Consiglio federale vara le
contromisure già preannunciate in giugno, mentre il Consiglio degli Stati dà il via libera al
miliardo di coesione solo a condizione che la Svizzera "non sia discriminata". A metà dicembre, nuovo capitolo: l'UE proroga l'equivalenza borsistica, ma solo di sei mesi. Affaire à suivre.