“Pioniera è una parola grossa”, Pia Zanetti sgrana i grandi occhi azzurri e smorza i toni. Mentre molti vedono nella 77enne una precorritrice del fotogiornalismo, esile donna capace di affermarsi in un mondo della fotografia a lungo dominato dagli uomini, lei ricorda di aver sempre e semplicemente seguito la sua passione. Fin da quando negli anni ’50 a Basilea si scontrò con una serie di “no” alle sue domande di apprendistato:
“Dicevano che non avevo abbastanza muscoli per portare in giro le apparecchiature”. O quando negli anni ’60 a Roma si ritrovò unica donna a sgomitare tra corpulenti paparazzi: “All’inizio mi presero in giro, ma poi vedendo le mie pubblicazioni mi apprezzarono, nacquero amicizie, mi avevano soprannominata “Virgoletta” per il mio fisico esile”, ricorda oggi con un sorriso sulle labbra, mentre a Winterthur ci accompagna tra le sale della Fondazione svizzera per la fotografia, che ai 60 anni di attività ha dedicato un’esposizione, frutto di un anno di lavoro e selezione tra i suoi archivi fotografici.
L'intensità dello sguardo di un bambino fra i rioni di Pozzuoli, in una fotografia del 1970
Nata a Basilea nel 1943, ha vissuto per quasi 30 anni in Ticino, ma la sua professione l’ha portata a girare il mondo, spesso in compagnia del marito giornalista Gerardo Zanetti. Lui con la penna, lei con la macchina fotografica, curiosi di scoprire il mondo e raccontarlo attraverso i reportage. L’
Espresso, Die Woche, NZZ, Das Magazin… tante le riviste a pubblicare i servizi di Pia Zanetti già dagli anni ’60. Erano i tempi d’oro del fotoreportage
: “Nel giornalismo c’erano molti più soldi a disposizione rispetto ad oggi. Si poteva andare in redazione e presentare un progetto. Se interessava, ti dicevano semplicemente di passare alla cassa a prendere i soldi necessari per il viaggio.”
Così sono nate molte delle fotografie esposte alla Fotostiftung di Winterthur. Al centro, sempre l’individuo. Sguardi, attimi di vita quotidiana a Londra, Roma, New York, ma anche in zone di conflitto. L’esperienza che più l’ha segnata? Il viaggio in Sudafrica negli anni ’60 durante il periodo dell’apartheid. “È stato uno choc, perché sapevo che c’era l’apartheid ma vedere la segregazione razziale con i miei occhi è stato impressionante, a volte riuscivo a guardare solo con la macchina fotografica davanti al viso”, racconta Pia Zanetti. In Sudafrica, nelle miniere d’oro o tra i pescatori di Città del Capo, ha realizzato scatti che raccontano storie di soprusi e miseria, ma anche di fierezza e dignità.
Pescatori nel Sudafrica dell'apartheid, in questa fotografia del 1968
L’esposizione “PIA ZANETTI, FOTOGRAFA” alla Fotostiftung di Winterthur rimarrà aperta fino al 24 maggio 2021.
Gianluca Olgiati
RG 18.30 del 07.04.21 - La corrispondenza di Gianluca Olgiati
RSI Info 09.04.2021, 13:25
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