Appostato nell'ombra, affacciato alla finestra di un edificio pericolante, l’occhio appoggiato al mirino, punta dritto dritto a Duma, cercando di farsi strada fra le colonne di fumo che si alzano dalla città. È la foto di copertina del profilo Facebook di Muhammad, 20 anni. Un guerriero ribelle, ma che di mestiere non fa il cecchino. “La mia arma è una fotocamera”, dice ai microfoni della RSI, commentando lo scatto che immortala le macerie della maggiore città della Ghuta, in Siria, dove è nato e cresciuto, piegata dai bombardamenti che non cessano neppure durante l'intervista.
Le macerie della città di Duma
“
Ho cominciato a fare il fotoreporter circa quattro anni fa, filmando le proteste pacifiche anti-Assad nella mia città; da lì a poco mi sono reso conto che stavamo documentando i crimini del regime. Un amico mi ha dato una fotocamera professionale e mi ha insegnato come fare foto giornalistiche”, racconta. Entrare in contatto con lui non è facile sia per i problemi di connessione, sia per motivi di sicurezza.
Muhammad è uno dei numerosi coraggiosi giovani siriani che sfidando i pericoli della guerra ci stanno raccontando cosa stia accadendo in Siria, soprattutto nelle zone assediate e totalmente inaccessibili ai giornalisti. Figure a cui anche agenzie di stampa, come l’AFP, si stanno appoggiando, dando loro una formazione.
I giovani fotografi siriani Muhmmad al-Najjar, Souhib Oyoon (morto il 22 marzo) e Waeel Al Tawil
“Ogni giorno esco, fotografo tutto ciò che è attorno a me”,
spiega Muhammad, che conosce da vicino i rischi del mestiere.
“Un giorno sono stato colpito allo stomaco da una pallottola; i muscoli delle mie gambe sono rimasti atrofizzati, ora comincia ad andare meglio. Tutte le mattine esco, immortalo quanto accade, ma confesso che la paura è tanta. Ma per me e per la mia generazione è una missione, voglio che la gente sappia cosa accade qui”,
fa sapere.
Duma, la maggiore città della regione della Ghuta
“La vita nella Ghuta orientale è molto difficile, perché i raid sono continui, non si dorme, si rischia di morire a ogni minuto, come è successo al mio amico fotoreporter, ucciso il 22 marzo da una bomba. Non esistono protezioni per i fotogiornalisti. E poi chi non resta ucciso dalle bombe muore per il gas cloro. Il pensiero di lasciare la Ghuta mi ha toccato più volte, ma è difficile lasciare i ricordi e la tua storia, per andare dove?”, domanda. Ma alla fine l'esigenza di documentare tutto fino alle fine dell'offensiva è più forte. Confessa: "Sarò l'ultimo a lasciare Duma e mi chiedo cosa immortalerà l'ultimo mio scatto".
A stretto contatto ogni giorno con la morte, chiedo a Muhammad se pensa mai al domani e se ha ancora sogni e speranze: “Sì, coltivo ancora speranze, sono giovane, il mio sogno ora è quello diventare un bravo fotoreporter, anche se per ora spero di potere finire i miei studi”.
Anna Valenti