Salute

La cavia e gli sgarri

Come l’ossessione per i dati può allontanarci dal vero benessere

  • 28 gennaio, 08:00
  • Oggi, 15:44
45:23

La Terra

La Cavia 27.01.2025, 20:40

Di: Valerio Thoeni 

Quando ho iniziato a scrivere le prime puntate de La Cavia la missione era chiara: è possibile misurare il benessere? E se la risposta è sì, quanto bisogna soffrire per raggiungerlo?

Dopo due stagioni ricche di sfide fisiche e mentali, il viaggio giunge al termine con l’incontro di un movimento, i biohackers, che da anni cerca a sua volta di trovare tutte le ottimizzazioni e correzioni di rotta per vivere la vita più sana e longeva possibile.

Insomma, ero un biohacker senza saperlo! E questa realizzazione porta con sé una nuova domanda, una nuova missione, ovvero: in una vita dedicata sempre a cercare di ottimizzare tutto, in cui a farla da padroni sono i dati, resta spazio per la vita?

Quella vita fatta di sgarri, di serate con un bicchiere di vino in più, la spaghettata fra amici alle due di mattina, quella fetta di torta che non potresti permetterti ma che ti concedi. Ecco, esiste un equilibrio fra questi due mondi? È quello che spero. In questi due anni le mie giornate sono state cadenzate dai frequenti prelievi e dalla quasi ossessione per i dati biometrici. Come sarà il mio testosterone? E I trigliceridi? Sono entrato in chetosi?

In America da qualche tempo è emersa la figura di Bryan Johnson, imprenditore milionario che ha deciso di dedicare la sua intera esistenza all’inversione del processo di invecchiamento. Anche lui ha deciso di fare da cavia e ogni giorno si sottopone a una routine ferrea per fermare il tempo. Una vita consacrata all’ottimizzazione massima di ogni parametro di salute che lo porta a non esporsi ai raggi solari, a essere a letto tutte le sere al più tardi alle 20.30, a ingurgitare quotidianamente oltre 100 pillole, a stare 90 minuti in una camera iperbarica e a tante altre stranezze. Una lotta contro le lancette del tempo, le quali però, incuranti, continuano a fare il giro del quadrante. 

Nel finale di “Basta che funzioni”, di Woody Allen, il protagonista diceva: “quanto odio i festeggiamenti di capodanno. Tutti vogliono disperatamente divertirsi, cercando di festeggiare in qualche misera patetica maniera. Festeggiare che cosa? Un altro passo verso la tomba?”

Fra il pessimismo di Allen e l’aspirazione alla vita eterna del biohacker Johnson voglio sperare vi sia una sana via di mezzo.

Essere cavia mi ha insegnato tanto ma la lezione più grande, di gran lunga, è stata quella di trovare un equilibrio sensato fra il prendersi cura di sé stessi e il concedersi il piacere di un esistenza in cui anche gli sgarri abbiano un posto a tavola, senza sensi di colpa.

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