Scienza e Tecnologia

Al CERN nessun ostacolo per l’acceleratore del futuro

Per lo studio di fattibilità il Future Circular Collider non presenta criticità. Sul progetto da 15 miliardi di franchi si esprimerà ora la politica

  • 31 marzo, 20:18
  • 31 marzo, 20:23
CERN Future Circular Collider FCC - mappa - nomi

Il nuovo acceleratore di particelle del CERN avrà una lunghezza di 90 chilometri: il triplo rispetto all'attuale LHC (Large Hadron Collider), di "soli" 27 chilometri.

  • CERN
Di: Red. giardino di Albert / Simone Pengue 

È da oltre dieci anni che al CERN di Ginevra si parla dell’acceleratore di particelle che subentrerà all’attuale Large Hadron Collider (LHC), lo strumento che, per intenderci, ha portato a scoperte straordinarie come il bosone di Higgs. Se l’interrogativo politico ed economico è ancora aperto, quello ingegneristico ha finalmente trovato una risposta: per la costruzione del Future Circular Collider (FCC) non ci sono criticità evidenti. È quanto emerge dallo studio di fattibilità pubblicato il 31 marzo da una commissione di esperti del CERN, in collaborazione con numerose università ed enti di tutto il mondo. Nel corposo rapporto consegnato al CERN Council (in italiano “Consiglio del CERN”) in ottemperanza alla Strategia europea per la fisica delle particelle, sono contenuti, oltre ad ampie considerazioni energetiche e ambientali, i risultati parziali dei rilievi geofisici, che saranno completati entro la fine dell’anno. L’FCC correrà infatti in un tunnel circolare di novanta chilometri che, posto a duecento metri di profondità tra Svizzera e Francia, passerà sotto a centri abitati, zone agricole, foreste, fiumi e persino al lago Lemano. Prima di discutere se dare il via ai lavori, è stato dunque necessario valutare la stabilità geologica del terreno e assicurarsi che ci fossero le premesse per garantire la sicurezza tanto delle aree in superficie quanto dell’acceleratore stesso.

CERN FCC ricostruzione grafica tunnel

Ricostruzione grafica dell'interno del tunnel sotterraneo del Future Circular Collider con il tubo dentro il quale viaggiano i fasci di particelle.

  • CERN / PIXELRISE

Alta efficienza energetica

Con questo titanico strumento, gli scienziati potranno far collidere particelle ad un’energia sette volte più elevata dell’LHC per studiare profondi misteri della fisica legati all’origine e all’evoluzione dell’universo.  «Grazie alle dimensioni maggiori del collisore e ai grandi progressi nelle tecniche di accelerazione sarà possibile ottenere misure cinquecento volte più precise rispetto a quelle fornite dal LHC. È un po’ come se avessimo un telescopio cinquecento volte più grande», spiega Patrik Janot, coordinatore della fisica e degli esperimenti dell’FCC. Per raggiungere un obiettivo di questa portata nello scenario climatico nel quale ci troviamo, è imperativo prestare grande attenzione all’efficienza energetica. Infatti, i potentissimi sistemi necessari ad accelerare e controllare le particelle, in particolare i magneti utilizzati per curvarle lungo l’anello, richiederanno l’energia elettrica di una città di settecentomila abitanti. Contrariamente a quanto appare ad un primo sguardo, questo è da considerarsi un successo, se si pensa che è all’incirca lo stesso consumo dell’acceleratore attuale. Inoltre, nel 2024 l’LHC ha utilizzato il 99.5% di energia da risorse rinnovabili ed ha operato solo durante il periodo estivo, quando la produzione è sovrabbondante. L’energia impiegata per i sistemi dell’FCC verrà riciclata a beneficio delle comunità locali, come spiega il responsabile della ricerca per l’FCC Michel Benedikt: «Stiamo lavorando per minimizzare l’impatto ambientale e massimizzare la sostenibilità attraverso delle sinergie con gli enti locali. Una parte significativa dell’energia elettrica consumata verrà trasformata in acqua calda e potrà essere recuperata per riscaldare abitazioni e industrie nel territorio».

Impatto ambientale contenuto

Recentemente, alcune associazioni ambientaliste riunite sotto il nome di CO-CERNés hanno sollevato dubbi sull’impatto ambientale del progetto e hanno accusato le strutture di superficie dell’FCC di disturbare aree naturali protette. Queste obiezioni sono state prese seriamente e lo studio di fattibilità le ha affrontate in maniera diretta, come chiarisce Michel Benedikt: «Le aree naturali e i corridoi ecologici già identificati per la fauna selvatica sono stati presi in considerazione fin dall’inizio del processo di progettazione del tracciato. L’obiettivo, naturalmente, era individuare posizionamenti che evitassero conflitti con questi corridoi di attraversamento. Le soluzioni individuate – prosegue - sono state ora confermate anche dallo studio dettagliato di impatto ambientale, che ha analizzato proprio l’eventuale presenza di criticità di questo tipo e non sono emersi impatti rilevanti». Un’altra preoccupazione degli ambientalisti è rappresentata dalla gestione degli otto milioni di metri cubi di detriti che saranno portate in superficie durante lo scavo del tunnel di cinque metri di diametro. Anche in questo caso, gli esperti del CERN rassicurano che le conseguenze sull’ambiente saranno minime. Assieme ad un consorzio internazionale di nove enti tra università e aziende, i progettisti stanno sviluppando un metodo per fertilizzare la materia inerte e utilizzarla come substrato agricolo, ad esempio per rinverdire le aree industriali dismesse.

17:27

Dal bosone di Higgs alla transizione energetica

Alphaville 19.11.2024, 11:05

  • keystone
  • Cristina Artoni

Discussione politica globale

Adesso il rapporto è in mano al CERN Council, all’interno del quale i 21 stati membri decideranno entro il 2028 se investire i quindici miliardi di franchi preventivati e avviare i lavori nel 2033. In una prima fase, il tunnel ospiterà un acceleratore di elettroni approssimativamente dal 2046 al 2060, mentre successivamente verrà installato un acceleratore di adroni, come l’LHC, operativo dal 2070 al 2090. A gettare incertezza attorno al progetto non c’è solo lo stop della Germania, che ha già annunciato di non voler partecipare allo sforzo economico, ma anche il clima di incertezze politiche globali. Eppure, è forse per le crescenti divisioni internazionali che ora più che mai c‘è bisogno di un grande, lungimirante e ambizioso progetto comune quale l’FCC. «Direi che il CERN è un attore di stabilità politica. Siamo stati creati alla fine della Seconda Guerra Mondiale proprio con l’obiettivo di far dialogare gli scienziati - tedeschi, francesi e di tutto il mondo - che solo pochi anni prima erano stati nemici in guerra. Il CERN rappresenta quindi una vera e propria condizione per la stabilità politica. E questo è un punto di grande importanza», precisa Patrik Janot.

12:49

Il giardino di Albert in visita al CERN

RSI Info 01.02.2022, 16:16

  • Keystone

La concorrenza cinese

Attualmente, grazie al CERN l’Europa detiene il dominio della fisica particellare, ma non può permettersi di adagiarsi sugli allori. Proprio come nel corso del Novecento la storia del laboratorio è stata scandita da una costante competizione con il Fermi Lab di Chicago, negli Stati Uniti, oggi il CERN sembra essere prossimo ad un testa a testa con Pechino. La Cina, infatti, ha annunciato di voler costruire un acceleratore molto simile all’FCC e, nonostante ci sia chi propone di ottimizzare le risorse e realizzare un’infrastruttura condivisa, l’Europa continua a diffidare e si dice non intenzionata a unire le forze. «Sviluppare il progetto in Cina e non in Europa sarebbe un errore sotto molto aspetti. Primo, dal punto di vista ecologico: gran parte dell’elettricità in Cina è ancora prodotta da combustibili fossili, in particolare carbone, con un impatto ambientale molto maggiore. La Cina raggiungerà la neutralità carbonica molto più tardi rispetto alla Francia o alla Svizzera, rendendo l’opzione cinese insostenibile dal punto di vista ambientale – dichiara Patrik Janot, che continua - Poi c’è l’aspetto politico e scientifico: lo statuto del CERN stabilisce chiaramente che tutto ciò che viene prodotto al CERN è destinato alla società civile e non può avere applicazioni militari. Possiamo dire lo stesso della Cina? C’è spazio per dubitarne».

Legato al Telegiornale (RSI LA 1, 20.00)

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