Un batterio, il "Desulfitobacterium hafniense", è più efficace e meno inquinante delle sostanze anticorrosive per ripulire da ruggine e incrostazioni i reperti archeologici in ferro che emergono dagli scavi. Lo hanno scoperto i ricercatori dell'Univeristà di Neuchâtel, sotto il coordinamento di Edith Joseph, che hanno trattato con il nuovo metodo chiodi di epoca romana del terzo secolo dopo Cristo. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Applied and Environmental Microbiology.
Per riportare gli oggetti in ferro alla loro forma originale è necessario procedere con una pulitura che li rimette a nudo, ma nel contempo i reperti si espongono al rischio di ossidazione e bisogna proteggerli: i batteri formano una coltre protettrice che impedisce alla superficie di ossidarsi.
Meno inquinante del sistema tradizionale - con bagni di soda -, quello batterico risulta anche più rapido. Per oggetti di grandi dimensioni, quali un cannone estratto dal mare, il processo di desalinizzazione può richiedere anni, mentre con il batterio la durata rimane la stessa indipendentemente dalla taglia del reperto e senza produzione di scorie tossiche.
ATS/M. Ang.