Scienza e Tecnologia

Perché così poche?

La ricerca svizzera è in testa alle classifiche mondiali, ma non per presenza femminile. La giornata delle donne nella scienza è qui per ricordarcelo 

  • Ieri, 19:57
  • Ieri, 20:00
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Di: red. giardino di Albert/Matteo Martelli  

Era il 1965 quando dalle pagine dell’autorevole rivista scientifica Science, la sociologa statunitense Alice Rossi si chiedeva: “Why so few? – perché così poche?”, riferendosi alla presenza femminile nella scienza. Allora le donne – in discipline come biologia, chimica, fisica o matematica – rappresentavano appena il 9 %; una percentuale che si riduceva a un misero 1% nel caso dell’ingegneria. Erano gli anni della seconda ondata femminista, dove chi accedeva agli studi universitari doveva lottare per emergere e ottenere “il diritto di contare”, per citare la pellicola tratta dalla storia vera della matematica, scienziata e fisica afroamericana Katherine Johnson, che sfidò razzismo e discriminazioni di genere alla NASA.

Sessant’anni dopo, (quasi) la stessa storia

Oggi la situazione è migliorata, anche se le donne impegnate nelle discipline STEM – Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica – sono sempre in minoranza rispetto agli uomini. Secondo I dati forniti dall’Unione Europea, le donne che nel 2021 hanno ottenuto un dottorato in fisica sono solo il 38.4%. I numeri per altri settori sono ancora più bassi: 32.5% per matematica e statistica; 27% per ingegneria; 20.8% per informatica. Una differenza che si osserva non solo fra le iscritte alle facoltà, ma anche nel corpo docenti, che secondo il rapporto “She Figures” della Commissione Europea in Svizzera è rappresentato solo al 24 % da donne – un dato inferiore di due punti percentuali alla media europea. Cifre che nel mondo, ha dichiarato oggi il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, sono rimaste pressoché invariate negli ultimi dieci anni.

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Anche nella Svizzera italiana, la rappresentanza femminile nelle cosiddette discipline STEM è nettamente inferiore a quella maschile

È per attirare l’attenzione su queste disparità e motivare le aspiranti scienziate a intraprendere la propria carriera in ambito accademico che nel 2015 è stata istituita dalle Nazioni Unite la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, di cui ricorre oggi, 11 febbraio 2025, il decimo anniversario. Seppur il percorso verso una parità nella rappresentanza di genere nelle discipline STEM sia tracciato e le storie di successo per dimostrarlo non manchino, molto resta da fare. O per dirla con le parole della psicologa americana Virginia Vallian, che a fine anni Novanta fecero eco a quelle di Alice Rossi del 1965: “Why so Slow? – Perché così lenti?”.

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Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza  

La consulenza 11.02.2025, 13:00

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  • Carlotta Moccetti

I fattori culturali

Tra le principali ragioni della permanenza di questo divario, molti studi citano gli stereotipi culturali: le STEM sono considerate un dominio prettamente maschile, e questo ne riduce l’attrattiva per le studentesse, a loro volta influenzate dalle aspettative stereotipate da parte degli adulti e dai docenti stessi. In realtà, è noto da tempo che bambini e bambine non hanno differenze nelle capacità logico computazionali e matematiche. I risultati di PISA 2022 – studio internazionale sulle prestazioni scolastiche dell’OCSE - dimostrano che maschi e femmine ottengono in Svizzera gli stessi risultati in matematica, anche se fra le ragazze si registra una minore senso di autoefficacia e una maggiore ansia nei confronti della disciplina. In un recente studio sugli stereotipi di genere, l’Università della Svizzera italiana in collaborazione con l’Università norvegese della Scienza e della Tecnologia ha raccolto quattrocento disegni di bambine e bambini a cui è stato chiesto genericamente di disegnare “un informatico”: nella maggioranza dei casi, questo è stato rappresentato con gli occhiali, i capelli per aria, camicie bianco e, naturalmente, di sesso maschile, spiega Monica Landoni, titolare della facoltà di informatica dell’USI e co-autrice dello studio.

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I disegni dei bambini riflettono sterotipi di genere legati alle professioni STEM

  • USI/NTNU

Un mercato del lavoro complicato

Quando una donna entra nel mercato del lavoro, le cose si complicano. Le difficoltà nel conciliare la vita accademica a quella familiare, la mancanza di modelli femminili e di un networking adeguato, oltre all’esistenza di pregiudizi di genere nelle procedure di assunzione e promozione, spingono molte donne a rinunciare alla carriera accademica. Un fenomeno che ha anche un nome: “leaky pipeline”, letteralmente, “conduttura che perde”, si legge in uno studio del 2015 dedicato alle disuguaglianze nel sistema accademico elvetico. E questo, nonostante vi siano esempi di figure femminili alla guida di prestigiosi istituti scientifici, come quella di Tanja Zimmermann, dal 2022 direttrice dell’Empa (Swiss Federal Laboratories for Materials Science and Technology), o la stessa rettrice dell’USI, Luisa Lambertini.

L’effetto Matilda

Storicamente, non mancano i casi in cui ricercatrici si sono viste adombrare da una presenza maschile prevaricatrice. È il cosiddetto effetto Matilda: il caso più celebre fu quello di Rosalinda Franklin, che nel 1952 ottenne un’immagine nota come “Fotografia 51”, che fornì prove importanti a favore della struttura a doppia elica del DNA. Di questa si impossessarono due ricercatori, James Watson e Francis Crick, che la pubblicarono omettendo il nome di Rosalinda Franklin, aggiudicandosi il premio Nobel nel 1962. Dinamiche che velatamente si presentano ancora oggi: per le donne è più difficile firmare articoli, e vari studi denunciano una discriminazione da parte dei comitati, prevalentemente maschili, che valutano le ricerche ed erogano i finanziamenti.

06:25

La scienza delle donne

Il Quotidiano 11.02.2025, 19:00

Come uscirne?

Se i pregiudizi di genere sembrano perdurare anche in ambito accademico, molti Paesi cercano correttivi per riequilibrare la presenza femminile nelle università. L’Austria, ad esempio, ha stabilito delle quote rosa nei finanziamenti. Una misura estremamente controversa, secondo la ricercatrice Francesca Pellicciotti, membra dell’European Research Council e ospite del dossier di Alphaville su Rete due, dedicato questa settimana alle donne nella scienza. Il rischio, secondo la glaciologa, è quello di creare uno stigma nei confronti della donna, che otterrebbe finanziamenti esclusivamente in quanto di sesso femminile. In Svizzera, la strategia del Fondo nazionale per il finanziamento alla ricerca va piuttosto nella direzione di sussidi destinati alle donne per favorirne la flessibilità lavorativa o facilitare l’accesso a una cattedra.

I soli sussidi, però, non bastano. L’impegno per scardinare modelli culturali discriminatori, suggerisce Francesca Pellicciotti, deve partire dal livello scolastico in poi. E anche gli atenei devono fare la loro parte: il Politecnico di Zurigo, dal 2018, organizza corsi di formazione sui pregiudizi di genere per professori e comitati di selezione. Il Politecnico di Losanna, invece, ha istituito una commissione per fornire raccomandazioni. Inoltre, la quasi totalità degli istituti di istruzione superiore in Svizzera, SUPSI e USI incluse, si è dotata di strategie per favorire l’uguaglianza di genere.

Le puntate del dossier “donne e ragazze nella scienza” di Alphaville, Rete due

17:11

Ghiacciai sempre più sofferenti (1./5)

Alphaville 10.02.2025, 12:05

  • keystone
  • Natascha Fioretti
13:03

Astrofisica galattica (2./5)

Alphaville 11.02.2025, 12:05

  • Imago Images
  • Natascha Fioretti
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