Il Consiglio federale mercoledì ha preso atto della perizia, commissionata dal Dipartimento federale dell’interno (DFI), sulla persecuzione delle comunità Jenisch e dei Sinti e riconosce che gli atti perpetrati fino ai primi anni Settanta durante l’opera assistenziale “Bambini della strada” costituiscono crimini contro l’umanità secondo il diritto internazionale odierno. Il Governo ribadisce le scuse pronunciate nel 2013 e s’impegna a collaborare con le comunità per eventuali misure aggiuntive. È quanto si legge in una nota diffusa giovedì.
Oggetto della perizia, commissionata lo scorso anno dal Dipartimento federale dell’Interno, erano le misure coercitive esercitate durante una campagna di Pro Juventute, “Bambini della strada”. Tra il 1926 e il 1973 circa 600 bambini Jenisch furono sottratti alle loro famiglie. Lo studio, commissionato ad un esperto indipendente dell’Università di Zurigo, ha confermato la fattispecie di crimine contro l’umanità, ma non quello di genocidio.
Un capitolo oscuro della storia svizzera
Fino al 1981, in Svizzera, oltre centomila bambini e adulti sono stati sottoposti a misure coercitive a fini assistenziali o collocati al di fuori della loro famiglia. Queste misure erano principalmente destinate a individui considerati non conformi agli standard sociali dell’epoca o che vivevano in condizioni di povertà. Tra loro rientravano anche gruppi nomadi come i Jenisch e i Sinti.
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Sinti nel 1958 fuori Zurigo
Il programma “Bambini della strada” della Fondazione Pro Juventute, attivo tra il 1926 e il 1973, portò alla sottrazione di circa 600 bambini Jenisch dalle loro famiglie per essere affidati a istituti, case di educazione o famiglie affidatarie. Questo avvenne spesso con la complicità delle autorità, in violazione dei principi fondamentali dello Stato di diritto. Anche i Sinti subirono sottrazioni forzate di minori. Alcuni di questi bambini, una volta divenuti adulti, furono posti sotto tutela, internati in istituti, privati del diritto di sposarsi e, in alcuni casi, sottoposti a sterilizzazione forzata.
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Moltissimi bambini si trovarono in condizioni di lavoro forzato e vittime di violenze fisiche e psicologiche
Oltre alla Fondazione Pro Juventute, anche organizzazioni caritative religiose e autorità statali parteciparono a queste pratiche, portando il numero totale dei collocamenti extrafamiliari a circa 2’000. Pratiche simili furono adottate anche da autorità comunali e cantonali, e in parte anche dalle chiese. Si stima che il numero di bambini Jenisch strappati alle famiglie sia più alto (circa 2’000). Una sorte simile toccò anche a famiglie Sinti.
La crescente consapevolezza pubblica
Negli anni Settanta e Ottanta, l’opinione pubblica e alcuni esponenti politici iniziarono a criticare apertamente queste pratiche, sollecitando un’analisi storica e una presa di responsabilità istituzionale. In risposta, su richiesta del Consiglio federale, nel 1988 e nel 1992 il Parlamento stanziò un totale di 11 milioni di franchi per istituire un fondo di riparazione a favore delle vittime del programma “Bambini della strada”.
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Quattro dei nove bambini di una famiglia jenisch affidati nel 1929 da Alfred Siegfried all'orfanotrofio St. Josef di Grenchen.
Nel 2013, il Consiglio federale presentò pubblicamente le sue scuse a tutte le persone vittime di misure coercitive assistenziali e collocamenti forzati. Da allora, a livello federale, sono stati adottati diversi provvedimenti per affrontare il passato e risarcire le vittime.
Le misure riparative già adottate
Panoramica delle diverse iniziative introdotte nel corso degli anni per riconoscere e affrontare le violazioni subite dalle comunità colpite:
1983: Pubblicazione del rapporto “Popolo nomade in Svizzera – Situazione, problemi, raccomandazioni”
1988 e 1992: Stanziamento di 11 milioni di franchi per un fondo di riparazione destinato alle vittime
1987: il presidente della Confederazione, Alphons Egli, presenta le scuse del Governo
1997: viene creata la Fondazione «Un futuro per i nomadi svizzeri» che si prefigge l’obiettivo di salvaguardare e migliorare le condizioni di vita dei nomadi e di rispettare la loro identità culturale
2013: scuse ufficiali del Consiglio federale alle vittime di misure coercitive e collocamenti forzati
2014: entrata in vigore della legge per la riabilitazione delle persone internate sulla base di una decisione amministrativa e istituzione di un fondo di soccorso immediato
2017: introduzione della legge sulle misure coercitive assistenziali e sui collocamenti extrafamiliari forzati prima del 1981, con contributi di solidarietà di 25’000 franchi per le vittime, studi scientifici e servizi di consulenza.
Jenisch e Sinti in Svizzera oggi
Oggi in Svizzera, riferisce l’Ufficio federale della cultura, vivono circa 30’000 persone di origine Jenisch e alcune centinaia di Sinti e Manouches. Di queste, tra 2’000 e 3’000 mantengono uno stile di vita nomade, trascorrendo l’inverno in aree di sosta e viaggiando tra primavera e autunno. Sebbene molti abbiano abbandonato la vita itinerante, il viaggio resta un elemento centrale della loro identità culturale.
Jenisch e Sinti sono parte integrante della diversità culturale svizzera da secoli. La Confederazione, attraverso l’Articolo 17 della Legge federale sulla promozione della cultura (LPCu), sostiene la loro cultura e lo stile di vita nomade. L’Ufficio federale della cultura (UFC) lavora per migliorare le loro condizioni di vita, supportando le organizzazioni delle minoranze e finanziando progetti per la tutela della loro lingua e cultura.
Negli ultimi anni, tuttavia, la presenza di Jenisch e Sinti in Svizzera è in costante calo, a causa della crescente scarsità di aree di sosta e delle difficoltà nel mantenere il loro stile di vita nomade. Nonostante il riconoscimento come minoranze nazionali, le politiche locali spesso non garantiscono spazi adeguati, portando molte famiglie a stabilizzarsi forzatamente o a lasciare il paese.
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Accampamento Jenisch di passaggio a Berna nel 2014
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Bimbi Jenisch e Sinti in Svizzera, fu crimine contro l'umanità
SEIDISERA 20.02.2025, 18:00
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Notiziario 20.02.2025, 16:00
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