Svizzera

“Il Long Covid mi assale di colpo e non mi permette di lavorare”

Un nuovo studio fornisce dati scientifici sulla sindrome e rivela i dati di quanti beneficiano dell’Assicurazione invalidità – La testimonianza

  • 2 ore fa
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Immagine d'archivio

  • Keystone
Di: ludoC/RTS 

Erano 2’900 le persone che, a fine 2023, si erano iscritte all’Assicurazione invalidità (AI) a causa del “Long Covid”: il che corrispondeva all’1,8% delle nuove domande inoltrate, secondo uno studio pubblicato giovedì dall’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS). Queste persone sembrano avere maggiori possibilità di ottenere una rendita rispetto a chi non soffre di questa sindrome.

“Le persone affette da sindrome post COVID-19 hanno ricevuto un numero maggiore di provvedimenti di accertamento e d’integrazione dell’AI e percepiscono una rendita più spesso rispetto alle persone del gruppo di confronto (ovvero senza questa sindrome). – si legge in un comunicato dell’UFAS – Alla fine del 2023 il 12% dei diretti interessati che avevano presentato una richiesta di prestazioni all’AI nel 2021 e nel 2022 percepiva una rendita. A titolo di confronto, nel gruppo di riferimento la quota dei beneficiari di rendita era del 9%. La quota delle persone affette da sindrome post COVID-19 che percepiscono una rendita AI potrebbe aumentare ulteriormente”.

Le persone affette da “Long Covid”, rivela lo studio, presentano spesso sintomi gravi, come la stanchezza cronica per l’85% di loro. Inoltre, sei su dieci soffrono di problemi cognitivi, come la difficoltà di concentrazione. Due terzi dei malati sono donne.

La testimonianza

Stéphane Trisconi, giornalista sportivo della RTS, ha vissuto in prima persona questo tipo di disturbo. Ha raccontato ai colleghi romandi di aver contratto il Covid nel gennaio 2022. All’inizio i sintomi non erano molto forti, ma in seguito si è sentito molto stanco, con problemi di concentrazione che hanno disturbato il suo lavoro. “Non riuscivo più a capirmi, non riuscivo a rileggere quello che scrivevo. A un certo punto non riuscivo più a concentrarmi, così ho dovuto scrivere le mie domande prima di un’intervista, cosa che di solito non faccio mai. Un’ora dopo ho riaperto il computer e ho scoperto che tutto quello che avevo scritto erano solo parole, non frasi: niente di sensato, niente di credibile”, ha raccontato venerdì alla trasmissione La Matinale.

L’esaurimento è durato mesi. Ha dovuto smettere di lavorare per tre mesi, poi è tornato a lavorare part-time. Oggi, a tre anni dalla malattia, soffre ancora di stanchezza cronica, che si ripresenta a ondate imprevedibili. “È assolutamente inspiegabile, mi assale e basta. Mi bruciano gli occhi, la pelle diventa leggermente rossa e sento che sto per essere molto stanco. È come una stanchezza che si impossessa di te e ti impedisce di lavorare”, dice Stéphane Trisconi.

Un giorno si sta bene, il giorno dopo si crolla: questo carattere fluttuante si osserva in molti casi e rende difficile la valutazione, soprattutto quando si tratta di concedere o rifiutare una pensione di invalidità. Tanto più che si tratta di sintomi soggettivi, come spiega Bernard Favrat, responsabile della consulenza per il “Long Covid” presso Unisanté: “Non esiste un esame del sangue che possa indicare la gravità della sindrome e permettere di fare una diagnosi. Ci stiamo quindi addentrando in aspetti più soggettivi. L’intera descrizione del problema deve essere coerente. Gli esperti devono riconoscere l’intolleranza allo sforzo, che a volte può manifestarsi il giorno successivo o quello dopo. Questo ‘crash’, come lo chiamiamo noi, è purtroppo poco valutato”.

Chi chiede l’AI nella maggior parte non riesce più a lavorare

Stando allo studio dell’UFAS, anche se i casi di sindrome post Covid rappresentano soltanto una piccola parte di tutte le nuove richieste di prestazioni all’AI, le persone che ne soffrono manifestano però spesso sintomi particolarmente gravi e nel 90% dei casi sono totalmente inabili al lavoro. L’85% delle persone presenta sintomi quali affaticamento e intolleranza allo sforzo, stanchezza cronica e una spossatezza che interviene molto rapidamente. Il 60% soffre di problemi neurocognitivi, quali ad esempio difficoltà di concentrazione e di memorizzazione. Due terzi delle persone affette da sindrome post COVID-19 all’AI sono donne.

In quasi il 60% dei casi, la capacità lavorativa migliora nei primi due anni successivi alla notifica dell’AI. Tuttavia, rileva l’UFAS; molte persone rimangono incapaci di lavorare al 100% anche due anni dopo; in particolare gli anziani e coloro che soffrono di diversi problemi di salute. In sintesi, emerge dunque che i miglioramenti sono rapidi oppure praticamente nulli.

Nel 2023 le rendite AI erogate erano oltre 250’000 e di questo quelle legate al “Long Covid” erano un numero molto basso. Tuttavia, lo studio presentato dall’UFAS ha rilevato che “per l’AI la sindrome post COVID-19 rappresenta un nuovo quadro clinico da prendere sul serio, che spesso ha effetti drastici per i diretti interessati. Per l’assicurazione questo implica accertamenti complessi, spesso lunghi e legati a incertezze. È difficile stimare l’evoluzione a lungo termine del numero di nuove rendite concesse per la sindrome post COVID-19, dato che il virus continua a circolare”.

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Wuhan, cinque anni dal covid

Telegiornale 23.01.2025, 12:30

Per la prima volta, lo studio fornisce informazioni scientifiche che consentono di misurare gli effetti del “Long Covid” su un periodo significativo di quasi tre anni. Si basa sull’analisi di 500 domande presentate all’AI tra il 2021 e il 2023 da persone affette da “Long Covid”. I risultati sono stati estrapolati a tutte le richieste presentate all’AI in questo periodo.

Tuttavia, l’UFAS avverte che alcune informazioni non sono né complete né accurate, per una serie di motivi. Inoltre, bon tutte le richieste dell’AI sono accompagnate da una diagnosi medica che attesti la presenza di “Long Covid”

Inoltre, la situazione di alcuni assicurati potrebbe essere cambiata. È possibile che, al momento del sondaggio, una persona assicurata stia beneficiando di misure di riabilitazione senza ricevere una rendita, ma che successivamente le venga concessa una rendita.

In un comunicato stampa, l’associazione Long Covid Svizzera ha accolto con favore il rapporto. Tuttavia, le cifre si basano esclusivamente sulle nuove richieste di prestazioni dell’AI, ovvero solo su una piccola parte delle persone interessate.

Il numero effettivo di persone colpite dalla malattia rimane incerto, sottolinea l’associazione. Si parla di almeno 30’000 persone in Svizzera nel 2023. E almeno altre 60’000 persone soffrono di stanchezza cronica. Molte persone, tuttavia, non fanno domande all’AI.

L’associazione si rammarica anche del fatto che non siano stati presi in considerazione i bambini e gli adolescenti, nonostante il fatto che, secondo l’associazione, 18’000 di loro siano colpiti in Svizzera e non possano più proseguire adeguatamente gli studi. L’associazione chiede un’assistenza e un sostegno adeguati per tutte le persone affette da “Long Covid”.

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