Intervista

“Le prostitute continuano a essere stigmatizzate”

Rebecca Angelini, direttrice della rete nazionale ProCoRe per i diritti delle lavoratrici sessuali: “Vari fattori espongono le persone allo sfruttamento e alla violenza. Donne migranti da tutelare”

  • 2 ore fa
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30:22

Le ombre delle luci rosse

Modem 03.02.2025, 08:30

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Di: Modem-Amanda Pfändler/ludoC 

Lavorare in un contesto rischioso e con la paura che possa succedere qualcosa o che, addirittura, si possa rischiare di morire ammazzata. L’omicidio di una giovane donna a Lodrino, avvenuto una settimana fa, ha riportato a galla alcune zone d’ombra che riguardano la protezione e la tutela delle prostitute. Senza entrare nuovamente nei dettagli del delitto, sul quale è in corso l’inchiesta, Modem ha cercato di riflettere sulle criticità che questo fatto di cronaca solleva e sulle possibili soluzioni per meglio tutelare le persone che lavorano negli ambienti a luci rosse, in cui fattori come condizioni di lavoro precarie, restrizioni legali e stigmatizzazione legale e sociale aumentano questa vulnerabilità.

Quali sono, dunque, i principali problemi che chi lavora in questo ambiente deve affrontare? Una risposta generale è difficile da dare, sostiene Rebecca Angelini ai microfoni della RSI, questo poiché “l’industria del sesso è molto diversificata”, spiega la direttrice di ProCoRe, rete nazionale che difende i diritti e gli interessi delle Lavoratrici e dei Lavoratori del sesso. “Ci sono lavoratrici del sesso che si trovano in buone condizioni, hanno molte opzioni, sono soddisfatte e guadagnano bene. Poi c’è la realtà di chi lavora in modo precario e noi come centri di consulenza, tendiamo naturalmente a occuparci di loro. La maggior parte sono donne migranti. Il regime migratorio repressivo in Svizzera e i molti ostacoli burocratici per chi vuole lavorare come professionista del sesso in modo legale rendono difficile la loro regolarizzazione. Ciò significa che c’è una grande incertezza giuridica, anche se le lavoratrici del sesso vorrebbero lavorare legalmente e questo permette alla polizia di mantenere un sistema di controllo e repressione di cui molte lavoratrici del sesso riferiscono. E poi ci sono le difficoltà economiche delle lavoratrici del sesso. Molte non guadagnano quasi nulla o molto poco e non riescono ad arrivare a fine mese. A questo si aggiunge la stigmatizzazione sociale del lavoro sessuale”.

Molte lavoratrici del sesso, prosegue Rebecca Angelini, conducono una doppia vita e nascondono il loro lavoro; “tutti questi fattori rendono le lavoratrici del sesso vulnerabili allo sfruttamento e alla violenza. E naturalmente aumentano anche i rischi per la loro salute”.

23:44

Io, sopravvissuta

Falò 12.11.2024, 21:00

Nel caso di Lodrino, si presume che la ragazza uccisa fosse nel rustico per offrire prestazioni sessuali a pagamento. Recarsi a casa del cliente è considerato più redditizio che lavorare in un postribolo, ma anche più pericoloso, dicono alcune lavoratrici del sesso in Ticino… “Non posso dire nulla sul caso attuale, non ho le informazioni per farlo. – spiega la direttrice di ProCoRe – Posso solo dire qualcosa in generale sulla violenza nel lavoro sessuale: abbiamo appena pubblicato uno studio che dimostra che le lavoratrici del sesso sono colpite in modo sproporzionato dalla violenza. E questo è dovuto principalmente al fatto che le lavoratrici del sesso sono discriminate in molti modi, ad esempio a causa del loro genere: sono per lo più donne o trans. E poi per la loro origine: il fatto che siano straniere è un problema. E poi naturalmente c’è l’aspetto, e lo ripeto, della stigmatizzazione del lavoro sessuale; sono tutti fattori che aumentano il rischio di violenza. È chiaro inoltre che lavorare in una zona isolata e trovarsi sola con un uomo in una stanza è decisamente un fattore di rischio per una donna”.

Dal punto di vista della sicurezza e dell’integrità fisica delle lavoratrici del sesso, la situazione è migliorata o peggiorata negli ultimi anni? “Non possiamo dire nulla al riguardo perché semplicemente non ci sono statistiche. – risponde intervistata da Modem Rebecca Angelini – Abbiamo però fatto ricerche qualitative, abbiamo analizzato quali forme di violenza esistono e come le lavoratrici del sesso si proteggono e cosa è necessario fare per proteggerle meglio, ma semplicemente non ci sono statistiche in questo settore. Quindi non si può dire con certezza se la violenza sia aumentata o meno”.

Infine, in merito al quadro giuridico esistente in Svizzera, la direttrice di ProCoRe spiega che: “Il lavoro sessuale è legale in Svizzera, e questo è un fattore molto importante perché i diritti sono la migliore protezione contro la violenza. Naturalmente bisogna anche tenere conto del fatto che la maggior parte delle lavoratrici del sesso sono straniere e se in Svizzera per loro il lavoro è illegale, il rischio di violenza è elevato. Se poi subiscono violenza, non possono rivolgersi alla polizia perché corrono il rischio di essere criminalizzate ed espulse. In altre parole, un miglioramento importante sarebbe quello di garantire alle lavoratrici del sesso che si trovano illegalmente in Svizzera e che subiscono violenza, la possibilità di rivolgersi alla polizia senza essere perseguite ai sensi della legge sull’immigrazione. Questo sarebbe un importante miglioramento necessario in Svizzera.”

A questa puntata di Modem hanno partecipato anche: Vincenza Guarnaccia, coordinatrice di Zonaprotetta; Michel Venturelli, criminologo; Gianluca Calà Lesina, commissario capo della sezione TESEU della Polizia Cantonale.

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Le ombre delle luci rosse

Modem 03.02.2025, 08:30

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