Svizzera

Armi e revisione di legge

Trasposizione nel diritto svizzero della modifica della direttiva UE in materia: il secondo oggetto in votazione il 19 maggio

  • 30 aprile 2019, 07:32
  • 22 novembre, 22:22
03:51

Direttiva UE sulle armi: il video esplicativo

admin 30.04.2019, 07:30

I paesi dell’UE, a seguito degli attacchi terroristici sferrati in Europa negli ultimi anni, hanno proceduto ad una modifica della direttiva europea concernente le armi. La trasposizione della medesima nel diritto svizzero è sostenuta dal Governo e dal Parlamento ed è al centro di uno dei due referendum su cui saremo chiamati a esprimerci il prossimo 19 maggio.

La relativa revisione di legge impone un contrassegno per tutte le parti essenziali di armi e stabilisce l’obbligo per i commercianti del ramo di notificare per via elettronica, alle autorità cantonali, tutte le vendite e tutti gli acquisti di armi o di componenti di armi. Prevista è inoltre l’iscrizione delle armi semiautomatiche, che permettono di esplodere in breve tempo numerosi colpi, nella tipologia di quelle vietate.

Il loro possesso e il loro uso rimarranno però leciti, dietro il rilascio di autorizzazioni eccezionali, nell’ambito del tiro sportivo. I detentori saranno però tenuti ad attestare, periodicamente, l’iscrizione ad una società di tiro o l’utilizzo con regolarità dell’arma per il tiro sportivo senza l’affiliazione ad una società. La modifica legislativa non implica invece cambiamenti per i cacciatori e per coloro che intendono acquistare il fucile d’assalto al termine degli obblighi militari. Nessuna conseguenza, inoltre, per le manifestazioni legate alla tradizione del tiro.

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RG 18.30 del 03.05.19: l'approfondimento di Antonella Cruezer sulla trasposizione nel diritto svizzero della nuova normativa europea sulle armi in votazione il 19 maggio

RSI Info 03.05.2019, 20:32

  • Keystone

Una mancata adozione della modifica della direttiva UE esporrebbe la Confederazione al rischio di perdere lo status di paese partecipante agli accordi Schengen/Dublino. Ciò implicherebbe ripercussioni considerevoli in vari ambiti: dal settore dell’asilo fino al traffico transfrontaliero e all’accesso ai sistemi di informazione e segnalazione in materia di sicurezza. I costi a carico dell’economia elvetica, stando alle conclusioni di un rapporto del Consiglio federale, sarebbero nell’ordine di miliardi di franchi.

Gli argomenti dei contrari

Contro la revisione di legge è stato lanciato un referendum che ha raccolto più di 125’000 firme. I suoi promotori denunciano una violazione della Costituzione federale e, sostenendo che non sia stato ancora perpetrato un solo attentato con armi acquisite in modo legale, contestano l’utilità della modifica della direttiva UE ai fini della lotta contro l’insidia del terrorismo. La stessa direttiva, affermano, comprende inoltre un automatismo che permette ogni 5 anni ulteriori inasprimenti in materia.

I contrari, ritenendo che l’UE abbia ogni interesse alla permanenza della Svizzera nello spazio Schengen, concludono che un “no” alla revisione di legge non comporterebbe affatto un’esclusione della Confederazione dagli accordi. L’accettazione della direttiva UE determinerebbe un’ondata di oneri burocratici e, annullando l’effetto dissuasivo delle armi, si tradurrebbe in un indebolimento della sicurezza personale dei cittadini.

La posizione del Governo

Per parte sua l’Esecutivo rileva che la Confederazione, in quanto paese partecipante a Schengen, ha potuto contribuire alla modifica della direttiva, evitando in tal modo, insieme ad altri paesi, l’elaborazione di regole ancora più estese che avrebbero potuto mettere a rischio la tradizione elvetica del tiro. La revisione proposta provvede invece, attraverso cambiamenti definiti ragionevoli, a colmare le carenze emerse nell’ambito della lotta contro l’abuso di armi.

Il Consiglio federale sottolinea quindi la portata delle conseguenze derivanti da una fine della collaborazione a Schengen e Dublino: si tratterebbe di rinunciare a vantaggi molto estesi, per ritrovarsi a dover gestire ripercussioni sensibili per le politiche d'asilo e di sicurezza, costi onerosi per l'economia e ulteriori complicazioni sul terreno dei rapporti con l’UE.

ARi

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