Armi, il dibattito si riaccende

Il dibattito sul tema del possesso delle armi si riaccende in Svizzera. Mercoledì, il Consiglio nazionale discute il dossier sull'applicazione della direttiva dell'Unione europea che prevede un inasprimento delle norme. In particolare, la Confederazione è chiamata ad adeguare la propria legislazione in quanto paese membro dello Spazio Schengen, ma l'argomento è molto controverso.

Secondo il consigliere nazionale UDC Jean-Luc Addor, "la legge in vigore ha dimostrato la capacità di garantire la sicurezza in Svizzera", ha detto ai microfoni di Modem, ricordando che la Confederazione si è già adeguata in passato: "Non siamo il cattivo allievo che fino ad oggi non ha fatto nulla. Nel 2008 avevamo già avuto una stretta sulle armi, seguita da un nuovo giro di vite nel 2015". Dunque, secondo Addor, "se la legge viene modificata nel senso della direttiva europea questo non toccherà affatto i terroristi, ma solo i cittadini onesti, rispettosi della legge e questo è ingiusto".

Di parere opposto, invece, lo psichiatra Thomas Reisch, secondo cui l'adeguamento alle norme comunitarie "salverebbe molte vite in Svizzera". Ci sono molti studi, spiega, "che dimostrano come meno armi ci sono, meno vengono utilizzate e meno suicidi si verificano". Più nel dettaglio, uno studio sulla riforma 21 dell'esercito ha documentato che la diminuzione del numero di armi d'ordinanza in casa ha portato ad una "chiara riduzione dei suicidi". Lo psichiatra spiega che l'atto di togliersi la vita con un'arma da fuoco è molto impulsivo e se non ci sono altre possibilità spesso si rinuncia. "Il 22% di chi ha intenzioni suicide alla fine sceglie un altro metodo, ma il restante 78% in qualche maniera si è salvato, ecco perché ha senso ridurre la disponibilità di armi", ha concluso Reisch.

Modem/eb/ATS

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