Domenica il corpo elettorale si pronuncerà su due iniziative con implicazioni molto rilevanti sul fronte dei costi della salute: la prima, lanciata dal PS, propone di contenere al 10% al massimo del reddito l’esborso destinato al pagamento dei premi di assicurazione malattia; la seconda, promossa invece dal Centro, punta a introdurre il principio di un freno ai costi nell’assicurazione obbligatoria. Ambedue, al di là delle differenze, hanno preso le mosse dai tanti interrogativi che gravano sul futuro del sistema sanitario in Svizzera: che forse mai, come negli ultimi tempi, appare così sotto pressione.
Ed è l’ambito delle casse malati a finire, puntualmente, al centro degli strali. I continui aumenti dei premi hanno ormai esacerbato gli animi di gran parte della popolazione. Tanto da indurre nette maggioranze di interpellati, nel quadro di recenti sondaggi, a guardare con favore all’ipotesi di una cassa malati unica: un dato che induce a più riflessioni, se si considera che 10 anni prima venne ancora nettamente respinta alle urne (62% di “no” e 22 cantoni contrari) un’iniziativa che andava nella stessa direzione.
Una foto ormai d'epoca: era il 4 dicembre del 1994, quando la LaMal venne approvata dal popolo ma di strettissima misura
Ma quali fattori hanno portato alla crisi del sistema? E cosa sta dietro, concretamente, questa continua ascesa dei premi di assicurazione malattia? Per cercare di dare risposte a questi interrogativi occorre fare, necessariamente, più passi indietro. Risalendo, anzitutto, proprio all’introduzione di quella LaMal che, negli intenti, si proponeva di mettere ordine in un ambito che, sull’onda di una crescente medicalizzazione, figurava già gremito da più attori e contrastanti interessi. L’elaborazione del progetto risultò laboriosa e la legge venne approvata in votazione popolare, nel 1994, di strettissima misura: l’esito delle urne, con appena il 51,8% di “sì”, non fece che evidenziare le forti divisioni legate a questo dossier. Ad ogni modo, per la sicurezza sociale in Svizzera, si trattò veramente di una svolta dopo decenni di sostanziale stasi.
Gli intenti della LaMal, entrata in vigore nel 1996, erano senz’altro elevati: l’obbligatorietà della copertura di base, infatti, venne introdotta in aderenza ad un principio di solidarietà fra le persone in salute e quelle malate. Ma sul piano del controllo degli oneri, già da tempo al centro di preoccupazioni, la normativa iniziò ben presto a mostrare i suoi limiti: su questo fronte emerse così, e sullo sfondo di una crescita sempre sostenuta dei costi, il peso della burocrazia e di una concorrenza insufficiente fra i vari assicuratori. A farne le spese furono da subito gli affiliati, con aumenti dei loro premi che nel 2002 rasentarono il 10%. Da più direzioni venne quindi invocata l’esigenza di rivedere la legge. Ma alla fine del 2003 un progetto in tal senso naufragò in Parlamento, dopo ben 3 anni di discussioni, sotto il peso di più posizioni fortemente discordanti.
Varie iniziative, volte alla riforma del sistema, vennero sonoramente bocciate in votazioni popolari: l'ultima volta, nel settembre del 2014
Se il Parlamento si mostrò riluttante a rivedere il sistema, chiare tendenze in questo senso emersero però anche da parte della popolazione. Ben tre iniziative popolari, nell’arco di un decennio, vennero infatti nettamente respinte. Con la prima, su cui si votò nel 2003, venivano per la prima volta proposti premi fissati in base alle capacità economiche: ad asfaltarla furono quasi il 73% dei votanti e tutti i cantoni. La seconda, bocciata nel 2007 con oltre il 71% di “no”, riprendeva lo stesso principio ma proponeva anche di istituire una cassa unica per l’assicurazione di base. Sorte negativa anche per la terza, sottoposta al popolo nel 2014: essa rinunciava ad una definizione dei premi in base al reddito, ma rilanciava l’idea di un’unica assicurazione di diritto pubblico. Riuscì a far breccia unicamente in 4 cantoni romandi e venne respinta da quasi il 62% dei votanti.
Ma il problema dell’onerosità dei premi era ormai destinato a manifestarsi a più riprese. Come in particolare nel 2010, quando l’incremento per l’assicurazione di base si attestò in media all’8,7%. Iniziò poi a essere molto discussa, a fronte degli aumenti imposti agli affiliati, anche la questione delle riserve costituite dagli assicuratori per garantire la loro solvibilità. Nel mirino delle polemiche finì il volume giudicato eccessivo di questi accantonamenti, come pure la pratica, da parte di alcune casse malati, di trasferire da alcuni cantoni ad altri parte delle riserve accumulate.
Vari fattori, dietro la continua crescita dei costi
Contestualmente si intensificava il dibattito sulla molteplicità dei fattori legati alla pressione sul sistema: dall’invecchiamento demografico fino all’incremento delle prestazioni sanitarie, passando per gli elevati costi dei medicamenti. Tutti elementi che, ancora oggi, mostrano quanto sia fallace imputare alle sole casse malati l’intera responsabilità per la crescita dei premi. Ma è pur vero che queste constatazioni faticano sempre di più a far presa su coloro che, con la sola certezza di somme più elevate da pagare, continuano intanto a vedere eroso il proprio reddito.
I raffronti statistici ripropongono puntualmente la persistenza e la gravosità del problema. Basti pensare che, assumendo una base di 100 punti per il lontano 1999, l’indice dei premi per l’assicurazione di base crebbe nell’arco di un decennio fino a 153,7. Ma effetti ancora più dolorosi erano all’orizzonte: lo stesso indice infatti, sull’onda di continui aumenti, superò nel 2016 la soglia dei 200 punti (204, per la precisione). Quanto agli anni più recenti, si è passati dai 224,2 punti del 2019 ai 236,7 del 2023.
Con tutto ciò, finora, sono state però bocciate e senza appello le iniziative proposte al popolo per riformare il sistema. Un dato che può apparire singolare, se si considerano le crescenti frustrazioni per l’incidenza dei costi. Come spiegare allora questi “no” così categorici? Un ruolo è stato certamente giocato da perplessità legate a possibili restrizioni e vincoli sulle prestazioni. Ma forse, più in generale, a incidere è stato anche il timore di passare da un sistema in crisi, ma ormai consolidato, a modelli non certo privi di incognite. La propensione alla prudenza ha quindi finito, malgrado tutto, per prevalere.
La questione dei costi superflui, e delle implicazioni per i premi, è stata di recente rilanciata da "Mister Prezzi" Stefan Meierhans
Intanto le dinamiche legate alla crescita dei costi continuano a produrre i loro effetti. Tanto che, secondo una stima presentata a fine maggio, si profilano già aumenti in media del 6% per i premi dell’assicurazione di base nel 2025. Ma a far discutere, in tema di contenimento dei costi, sono state anche recenti considerazioni di Stefan Meierhans: il sorvegliante federale dei prezzi ha infatti parlato dell’inutilità di un quinto dei costi sostenuti dalle casse malati nel quadro dell’assicurazione di base. La fattura a carico degli affiliati, afferma, potrebbe quindi essere alleggerita e in misura anche considerevole.
Cifre e considerazioni destinate ad accentuare le polemiche su un sistema che, comunque, ha finora mostrato un’indubbia resistenza alle istanze di cambiamento. Nonostante tutti i suoi limiti e un dibattito che, fra polemiche e frustrazioni, si fa sempre più animoso.
RG delle 12.30 del 30.05.24, il servizio di Alessio Veronelli
RSI Info 30.05.2024, 13:42
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