Svizzera

Export di armi, regole più severe

Gli Stati respingono l'iniziativa "correttiva" ma accolgono il controprogetto emendato, che però andrebbe nella legge e non la Costituzione

  • 3 giugno 2021, 13:13
  • 20 novembre, 20:18
01:25

RG 12.30 del 03.06.2021 La corrispondenza di Gian Paolo Driussi

RSI Info 03.06.2021, 14:32

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Di: ATS/pon/FaDa 

Le regole per le esportazioni di armi devono essere più severe, ma il Consiglio degli Stati - prima Camera a pronunciarsi sul tema - preferisce il controprogetto all'iniziativa popolare "contro le esportazioni di armi in paesi teatro di guerre civili": oggi, giovedì, ha infatti approvato il primo con 30 voti contro 11 e raccomandato di respingere la seconda con 30 voti contro 13.

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La cosiddetta "iniziativa correttiva" vuole fare marcia indietro sugli allentamenti decisi a partire dal 2014: la Svizzera non potrebbe più vendere materiale bellico a paesi coinvolti in conflitti armati, che violano i diritti umani o che potrebbero agire da intermediari. I criteri verrebbero iscritti nella Costituzione e questo non garba a Governo e Parlamento, che non avrebbero più margine di manovra. Ogni modifica dovrebbe passare infatti da un voto popolare.

Per la sinistra: “un testo troppo importante”

Il testo è ampiamente sostenuto a sinistra, la quale descrive l’iniziativa come "moderata" e "troppo importante a livello etico, a livello democratico e per il ruolo della Svizzera nella promozione della pace". Stando alle dichiarazioni di Marina Carobbio del Partito Socialista ticinese, il Consiglio federale ha dimostrato di non aver avuto negli ultimi anni una linea coerente sul tema, ricollegandosi alla prevista modifica dell'ordinanza sul materiale bellico nel 2018 che portò a una reazione nella società civile e al lancio dell'iniziativa.

La destra storce il naso

I partiti di destra non hanno trovato invece opportuno un disciplinamento a livello costituzionale, ma oltre che per la forma, c'è perplessità pure sui contenuti: per Thierry Burkart (PLR/AG) l’accettazione dell'iniziativa potrebbe compromettere la reputazione della Svizzera come partner economico affidabile e indebolire le industrie rilevanti per la sicurezza che operano in Svizzera, dato che ad esempio le imprese elvetiche non potrebbero più adempiere ai loro obblighi contrattuali nei confronti degli acquirenti stranieri. "La crisi del coronavirus ci ha insegnato che non siamo indipendenti dall'estero", ha aggiunto Burkart.

Una deroga indigesta e quindi bocciata

Il Consiglio federale, spiega il ministro dell’economia Guy Parmelin, comprende le preoccupazioni dei promotori, però il testo si spinge troppo lontano. Oltretutto la definizione di "paese democratico" non è abbastanza precisa. Proprio per questo l'Esecutivo ha proposto un controprogetto indiretto, i cui contenuti hanno acceso gli animi nel plenum poiché prevedeva una deroga per il Governo dai criteri di autorizzazione in circostanze eccezionali, per salvaguardare gli interessi di politica estera o di sicurezza nazionale. Una deroga limitata nel tempo e dal diritto internazionale, ma che la sinistra ha mal digerito, così come il centro. L'articolo è stato bocciato, contro l'avviso della commissione, con 22 voti a 20 e 2 astensioni.

Il dossier passa al Nazionale.

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Esportazioni di armi, iniziativa agli Stati

Telegiornale 03.06.2021, 14:30

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