Lo scarto tra le remunerazioni più basse e quelle più consistenti s'è ancora allargato nel 2018, stando a quanto constatato da Travail.Suisse che, lunedì a Zurigo, ha puntato i suoi riflettori sul tema in base all'inchiesta, la 15ma della serie, che ha visto coinvolte 26 società.
Da un lato, com'è stato in particolare sottolineato, cresce la pressione sugli stipendi e la paura di perdere il posto, mentre all'altro estremo gli emolumenti non cessano d'aumentare.
Tra il 2011 e l'anno scorso, il divario è passato in media da 1:45 a 1:51, un'evoluzione che non riguarda solo le grandi imprese finanziarie o farmaceutiche, ma che vale per tutti i settori esaminati. Vengono citati, a mo' d'esempio, i casi dei vertici del gruppo assicurativo Helvetia (Philip Gmür da 1:25 a 1:37), di quello agro-chimico Lonza (Richard Ridinger da 1:40 a 1:88) e del conglomerato industriale Georg Fischer (Yves Serra da 1:32 a 1:58), per non dire dei membri della direzione della Valora, attiva nel commercio al dettaglio, (da 1:12 a 1:28) o della SwissLife, altra compagnia assicurativa, (da 1:35 a 1:42). In termini assoluti, comunque, nessuno supera Credit Suisse (1:226), UBS (1:252) e, soprattutto, Roche (1:257); senza sorpresa, i loro numeri uno Tidjane Thiam (12,65 milioni di franchi), Sergio Ermotti (14,12) e Severin Schwan (15,65) non hanno rivali, unici a beneficiare di buste paga annue superiori ai 10 milioni.
Una tendenza che -osserva il sindacato- l'iniziativa Minder contro le rimunerazioni abusive, in vigore dal 2014, non riesce a bloccare, se non a invertire, e che neppure le misure previste dalla revisione del diritto della società anonima riuscirà a limitare.
ATS/dg