Il sistema politico svizzero è basato sulla democrazia diretta che lo rende unico. Il popolo è chiamato regolarmente alle urne per pronunciarsi o sulle decisioni del Parlamento o su proposte di modifiche costituzionali. E ciò avviene con una frequenza senza pari nel resto del mondo. Le votazioni sui referendum (obbligatori o facoltativi) e le iniziative ritmano la vita di tutti i cittadini elvetici che dalla nascita della Svizzera moderna 175 anni fa, sono stati chiamati a votare sui temi più disparati: dalle bastonate alla creazione di un nuovo cantone.
Andare a votare 3-4 domeniche all'anno su temi federali oggi ci sembra normalissimo. Ma non è sempre stato così neanche in Svizzera. Tanto che i giovani nati all'inizio del Duemila, da quando sono diventati maggiorenni, in soli 5 anni, sono stati chiamati a riempire le schede più volte di quanto i loro antenati dell'Ottocento non abbiano fatto in tutta una vita.
Costituzione Federale, 17 febbraio 1848
Dalla nascita della Svizzera moderna con la votazione del 6 giugno 1848, gli aventi diritto di voto a livello federale sono stati chiamati alle urne 321 volte per pronunciarsi su un totale di 676 oggetti (considerando separatamente iniziativa e controprogetto). Il prossimo 18 giugno, diventeranno 322 e 679 con la decisione sull'imposizione minima OCSE, la legge Covid-19 e la legge sul clima e l'innovazione.
In media quindi negli ultimi 175 anni ci sono state meno di due votazioni federali all'anno e ogni volta si è votato su meno di due temi. Un numero bassissimo se confrontato con l'esperienza personale di chi è nato nell'ultimo secolo. Nei primi decenni di vita della Confederazione (quando a votare erano solo i maschi adulti) il ricorso alle urne era infatti rarissimo, esso è diventato molto più frequente dopo la Seconda guerra mondiale e, poi, ancor più a partire dagli anni Sessanta del Novecento. La crescita ha raggiunto il suo apice nell'ultimo decennio del XX secolo con ben 106 temi sottoposti al popolo.
Circa 600 votazioni in una vita
Avanti di questo passo, complice anche l'aumento della speranza di vita e il fatto che il numero degli oggetti dal 2020 è nuovamente in crescita, i bambini svizzeri nati quest'anno, nel corso della loro esistenza saranno chiamati ad esprimersi su circa 600 temi. Si tratta oltre 50 volte in più di quanto abbiano dovuto fare in una vita intera gli svizzeri dell'Ottocento, come emerge consultando i dati storici sulle votazioni federali messi a disposizione dall'Ufficio federale di statistica. E ciò senza considerare né le votazioni comunali e cantonali né le elezioni comunali, cantonali e federali.
La prima votazione federale (almeno in parte popolare, dato che il procedimento non era uniforme) si tenne ufficialmente il 6 giugno 1848 sulla nuova Costituzione federale, quella che – con la proclamazione della sua approvazione il 12 settembre - diede vita alla Svizzera moderna. È stata una delle (finora) 143 volte in cui il popolo svizzero ha dovuto recarsi alle urne per esprimersi su un unico oggetto. Fino al 1970, quando le iniziative erano rare (la prima venne approvata nel 1893 e riguardava il divieto della macellazione rituale) e il voto per corrispondenza non esisteva (è generalizzato dal 2006), era normale che i cittadini fossero chiamati a pronunciarsi più volte all'anno su una sola domanda. Dal 1971 tali occasioni sono invece diventate delle eccezioni. L'ultima volta è capitato il 10 febbraio 2019 (Iniziativa popolare fermare la dispersione degli insediamenti).
Una mostra per i 175 anni della costituzione
Telegiornale 15.03.2023, 20:00
Di bastonate ma non solo
Anche in passato esistevano però le domeniche elettorali con tanti temi. Già alla seconda votazione federale della storia, il 14 gennaio 1866, si arrivò infatti a stabilire il primato del numero degli oggetti sottoposti al popolo in un sol giorno: ben nove (tra le altre cose, si votò su uguaglianza degli ebrei e dei cittadini naturalizzati, su pesi e misure, sul diritto di voto a livello comunale e cantonale, sulla libertà di coscienza e di culto, sul divieto delle lotterie e sul divieto di certe pene, come le bastonate). È uno dei record più longevi della storia politica rossocrociata. Resiste da 157 anni, essendo stato solo eguagliato il 18 maggio 2003.
L'appuntamento con l'urne è ancora imperdibile per molti
Nel corso dei decenni le regole elettorali si sono molto evolute e spesso lo hanno fatto per tentare di contrastare la scarsa affluenza alle urne. Il fenomeno dei bassi di tassi di partecipazione accompagna infatti la democrazia diretta elvetica fin dai suoi albori con movimenti altalenanti legati soprattutto all'interesse per i vari temi sottoposti alle urne. E non è che nell'Ottocento, quando la lotta politica spesso si tramutava in aperta contesa, tutti andassero sempre a votare. Anche allora, malgrado le chiamate alle urne fossero meno frequenti, c'erano votazioni che registravano un tasso di partecipazione inferiore al 40%, come avvenuto, per esempio, l'11 luglio 1897.
Una sola volta oltre l'80%
Le votazioni più sentite della storia svizzera hanno fatto registrare tassi di partecipazione attorno all'80%. La soglia in 175 anni è stata superata una sola volta. Era il 28 maggio 1933. Il popolo doveva decidere se approvare la legge federale che riduce temporaneamente gli stipendi e i salari delle persone al servizio della Confederazione. Data la situazione economica, era prevista una decurtazione dei salari del 7,5% per tutti: dai consiglieri federali ai giudici, dai funzionari agli apprendisti delle FFS. La questione richiamò alle urne l'80,5% degli aventi diritto (allora erano 1,125 milioni) e la maggioranza bocciò la misura.
Gli stipendi dei dipendenti della Confederazione non si toccano
L'anno successivo si tenne un'altra votazione sentitissima. L'11 marzo 1934 gli svizzeri si recarono alle urne sulla "legge federale per la protezione dell'ordine pubblico" che, tra le altre cose, prevedeva pene fino a due anni di reclusione e multe fino a 5'000 franchi per chi partecipava a una manifestazione non autorizzata o non rispettava le condizioni contemplate nell'autorizzazione.
Un tempo in alcuni cantoni la Landsgemeinde si riuniva anche per le votazioni federali. Qui quella del 29 aprile 1973 a Stans, la prima con la partecipazione attiva delle donne nidvaldesi
Registrò un tasso di partecipazione del 79% e anche in questo caso l'oggetto fu respinto. Esattamente come avvenne per la terza votazione con il più alto tasso di coinvolgimento dell'elettorato elvetico. Era il 6 dicembre 1992. Si votava sull'Adesione allo Spazio economico europeo. Andò alle urne il 78,7% degli aventi diritto che nel frattempo - data la crescita della popolazione, il suffragio femminile e l'abbassamento dell'età da 20 a 18 anni- erano diventati 4,5 milioni (trent' anni dopo sono un milione in più).
Meno del 27% dei votanti il 4 giugno 1972
La domenica elettorale meno frequentata della storia svizzera è stata quella del 4 giugno 1972 quando in discussione c'erano i decreti federali sulla stabilizzazione del mercato edilizio e sulla protezione della moneta. Entrambi furono accettati con oltre l'80% dei voti a favore. Alle urne si recò però meno del 27% degli aventi diritto che l'anno precedente erano cresciuti da 1,65 a 3,56 milioni in virtù dell'introduzione del suffragio femminile a partire dalla votazione del 6 giugno 1971.
Scarsissimo seguito ebbero anche le votazioni del 1975. I cittadini svizzeri furono chiamati alle urne il 2 marzo, l'8 giugno e il 7 dicembre su questioni riguardanti anche il finanziamento delle strade nazionali, l'assistenza, le tariffe doganali e il freno alle spese. Nel complesso la partecipazione quell'anno non superò il 32,1%. Tra le votazioni meno sentite figura anche quella tenutasi in un'alta data storica per la Svizzera: il 24 settembre 1978 quando la maggioranza dei votanti e tutti i cantoni accettarono la nascita del Giura. La partecipazione, malgrado la rilevanza della questione nell'ambito dello Stato federale nato 130 anni prima, fu del 42,04%.
I temi: quando neanche diverse righe bastano
Una certa influenza sull'interesse suscitato dalle varie questioni sottoposte ai cittadini potrebbero averla anche i titoli dei temi sottoposti al popolo. Nell'Ottocento erano concisi e comprensibili ai più. Nel 1866, sotto il titolo generale di "Modifica parziale della Costituzione federale" si votò su nove questioni come "Unificazione dei pesi e delle misure" o su "Esclusione di certe pene, come le bastonate".
Poi le denominazioni hanno cominciato tendenzialmente ad allungarsi arrivando fino ai 285 caratteri (spazi esclusi) del "Decreto federale del 01.10.2021 che approva e traspone nel diritto svizzero lo scambio di note tra la Svizzera e l'UE concernente il recepimento del regolamento (UE) 2019/1896 relativo alla guardia di frontiera e costiera europea e all'abrogazione dei regolamenti (UE) n. 1052/2013 e (UE) 2016/1624 (Sviluppo dell'acquis di Schengen)" sul quale si è votato un anno fa.
Certo è però che anche la scelta di un titolo chiaro e breve non è garanzia di approvazione dell'oggetto, come dimostrato sempre dal risultato delle votazioni del 14 gennaio 1866. Era la prima chiamata alle urne dopo l'approvazione della Costituzione federale 18 anni prima. Su nove proposte di revisione, i cittadini ne respinsero ben otto (passò solo l'uguaglianza degli ebrei che ebbero la parità dei diritti e da quel momento non furono più obbligati a risiedere o a Endingen o a Lengnau). Un record anche per la democrazia diretta elvetica.
Monete speciali per i 175 anni della Confederazione
Telegiornale 05.06.2023, 20:00