La notizia è di ieri, martedì, e sta alimentando ulteriori interrogativi sul potenziale, e le insidie, legate all'intelligenza artificiale (IA): il suo crescente impatto, infatti, metterà sempre più a rischio i lavori in ufficio. È questa la conclusione di uno studio elaborato dal Gruppo per l'osservazione del mercato del lavoro nella Svizzera orientale (Amosa): un osservatorio a cui contribuiscono le autorità del lavoro di una decina di cantoni, fra i quali anche i Grigioni.
Ad essere segnatamente colpiti saranno, rileva questa ricerca, gli impieghi negli ambiti del marketing e della distribuzione, della vendita al dettaglio, del commercio e della produzione industriale. Gli impieghi in questi settori sono particolarmente a rischio, poiché hanno un'elevata percentuale di attività di routine e, al tempo stesso, un grande potenziale per il ricorso ad applicazioni di IA. Particolarmente esposte sono le professioni di ufficio e di segreteria. Ma anche il commercio al dettaglio, già confrontato a forti pressioni a causa degli acquisti online, potrebbe subire un ulteriore impatto.
Lo studio ha anche preso retrospettivamente in esame i cambiamenti del mondo del lavoro, evidenziando, nel periodo compreso fra il 2010 e il 2020, un sensibile spostamento dalle attività manuali a quelle cognitive. Nelle prime l'occupazione si è così ridotta del 22%. Di converso, le attività cognitive e interattive non ripetitive hanno guadagnato molto terreno: tanto che in questi ambiti l'impiego è qui aumentato nella misura di oltre il 30%.
Processi "continui e sempre più rapidi"
Fra professioni che sembrano destinate a scomparire, e altre che sull'onda dell'IA dovranno comunque trasformarsi, una domanda su tutte si impone: come "ci si salva" di fronte a prospettive così dirompenti per il mondo del lavoro? "Siamo tutti confrontati con la tecnologia che ci offre delle opportunità e, d'altra parte, è ovviamente in grado di svolgere alcune attività che noi invece facciamo oggi con le nostre capacità umane", osserva Emanuele Carpanzano, direttore per la ricerca, lo sviluppo e il trasferimento della conoscenza presso la SUPSI. Il punto, quindi, consiste nel capire "come integrare la tecnologia nelle nostre attività e come valorizzare le doti" umane che la tecnologia non ha: quindi doti come "la creatività, l'intelligenza emotiva, la flessibilità cognitiva". Saranno esse, sostiene l'esperto, a consentire agli esseri umani di "fare un lavoro probabilmente diverso da quello che fa oggi", utilizzando queste tecnologie ma anche "valorizzando altre qualità proprie".
L'impatto dell'intelligenza artificiale sul terziario: i risultati di uno studio
SEIDISERA 09.05.2023, 18:39
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Ma come dovrà profilarsi la formazione di fronte a sviluppi così impetuosi? Non c'è forse il rischio che la scuola finisca per insegnare mestieri che già nascono, ormai, un po' vecchi? La sfida in questo contesto, riconosce Carpanzano, "è particolarmente ardua". Del resto si è ben consapevoli che questi processi di trasformazione del lavoro "saranno continui e sempre più rapidi". Di conseguenza, il compito non sarà solo quello di formare i giovani per il lavoro di domani, ma anche di "aiutare chi lavora già ad aggiornarsi continuamente", in modo da permettergli di impiegare sempre le proprie competenze in un mondo del lavoro "che cambia di giorno in giorno".
All'Europarlamento una proposta di quadro legale
Intanto, a livello europeo, ci si sta muovendo per affrontare su un piano globale le tante problematiche legate alla diffusione dell'IA. Infatti proprio in questi giorni, all'Europarlamento, è approdata in commissione una proposta di regolamento che, per la prima volta al mondo, darà un quadro legale a questo ambito. "Noi andiamo a identificare usi dell'intelligenza artificiale così rischiosi da dover essere vietati", spiega il parlamentare europeo Brando Benifei, relatore del progetto, citando ad esempio le "telecamere a riconoscimento biometrico negli spazi pubblici" e "alcuni strumenti di applicazioni sul fronte del riconoscimento emotivo". Si tratta quindi di creare norme "per tutelare le persone rispetto agli usi ad alto rischio": quelli che "vanno a impattare più direttamente sulla vita delle persone, sui servizi pubblici, sulla salute, sulla crescita dei bambini". È stata insomma individuata "tutta una serie di ambiti" nei quali si introducono "regole stringenti".
L'idea è quella di "prevenire un eventuale danno, un impatto negativo dell'AI", attraverso obblighi imposti ai produttori dei sistemi di IA e agli utilizzatori intermedi, come ad esempio le imprese e le pubbliche amministrazioni. Viene così fatta una "scala di responsabilità e di mitigazione dei rischi", che arriva fino all'utente, al cittadino, al consumatore "che in questo modo viene tutelato".