La lotta contro la mafia deve essere intensificata da parte della Svizzera e per farlo devono essere create unità di polizia specializzate e leggi più severe sui beni confiscati. Lo ha affermato nel corso di un’intervista pubblicata sabato dal Blick.ch Rosa Cappa, ex procuratrice federale presso il Ministero pubblico della Confederazione.
"La situazione è molto seria", rileva Cappa, aggiungendo che trent'anni fa la mafia ci portava solo i suoi soldi sui suoi conti bancari, mentre oggi i suoi membri vivono tra noi, si sono stabiliti qui.
Una ventina di cellule mafiose
Oggi avvocata in Ticino, dopo essere stata procuratrice federale dal 2003 al 2015, Cappa parla di una ventina di cellule mafiose in Svizzera. I mafiosi e le loro famiglie si infiltrano nell'economia investendo in ristoranti, alberghi, nell'immobiliare e nelle imprese per riciclare denaro, aggiunge, facendo notare che queste persone sono integrate nella società: vanno in chiesa e per esempio sono attive nelle associazioni.
Altri hanno evidenziato carenze
Cappa critica anche la massima autorità investigativa svizzera, di cui lei stessa ha fatto parte, per aver abbandonato indagini sulla mafia per motivi di immagine. Erano troppo costose e le possibilità di successo troppo incerte. In ottobre, anche la direttrice dell'Ufficio federale di polizia, Nicoletta della Valle, aveva evidenziato le carenze nella lotta contro la mafia in Svizzera, chiedendo un migliore scambio di informazioni tra Cantoni e Confederazione.
In dicembre, il Consiglio nazionale ha approvato un postulato di Marco Romano in questo senso. Il Governo deve ora esaminare gli strumenti esistenti e se sia necessario apportare modifiche alla legge.