Il divieto del velo torna ad infiammare la discussione pubblica. Questa settimana una cassiera curda – impiegata dal 2017 in una filiale lucernese – è stata licenziata da Migros perché voleva indossare il velo durante le ore lavorative. Il colosso arancione ha però respinto la richiesta, appellandosi a “norme aziendali in ambito di abbigliamento”. Norme che prescrivono il divieto del velo e di altri simboli religiosi nel vestiario dei dipendenti, come il burqa, i turbanti o la kippa ebraica.
Tutto è iniziato lo scorso luglio, quando la donna aveva avanzato al datore di lavoro la richiesta di poter sfoggiare il proprio simbolo religioso. Una richiesta che, come detto, è stata rifiutata. Negli ultimi giorni, l’impasse venutosi a creare ha portato la dipendente ad assentarsi dal lavoro perché non si sentiva più a suo agio. Migros ha allora preso posizione procedendo con il licenziamento. “Si è rifiutata di lavorare” è la giustificazione.
La donna ha sporto denuncia per discriminazione, malgrado il regolamento dell’azienda sia trasparente sull’argomento. Migros non è la sola a proibire certi indumenti tra i propri dipendenti; anche Coop vieta al personale di vendita di coprirsi la testa. È infatti concesso al datore di lavoro di emanare disposizioni relative all’abbigliamento con una motivazione oggettiva. La faccenda ha tuttavia incalzato il colosso alimentare, che intende ora rivedere il suo regolamento.
Sul velo il popolo svizzero si è già espresso varie volte. Nel 2021 il burqa e il niqab sono stati vietati dai luoghi pubblici con il supporto del 51,2% dell’elettorato. Negli anni inoltre, diversi atti parlamentari sono stati depositati a Berna per un divieto del velo nelle scuole.
RG del 12.30 del 22.02.2024 - Il servizio di Anna Riva
RSI Info 22.02.2024, 15:37
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