Svizzera

Paesi a rischio, "non c’è coordinazione"

Dati epidemiologici e numero di test eseguiti criteri fondamentali per stilare l’elenco delle “zone rosse”, ma non sono i soli, spiega l’epidemiologo Marcel Tanner

  • 9 agosto 2020, 20:33
  • 22 novembre, 18:47
02:48

Radiogiornale delle 18.30 del 09.08.2020: l'intervista all'epidemiologo Marcel Tanner, di Bettina Müller

RSI Info 09.08.2020, 20:32

  • Keystone
Di: RG-Bettina Müller/ludoC 

Chi rientra in Svizzera dalla Spagna (Baleari e Canarie escluse) deve sottostare ad un periodo di isolamento: una situazione che riguarda diversi svizzeri, come Marco Simona, un pensionato ticinese che con la moglie di origine spagnola da circa un mese e mezzo si trova in vacanza nella sua casa di famiglia.

01:43

Radiogiornale delle 18.30 del 09.08.2020: la testimonianza di Marco Simona

RSI Info 09.08.2020, 20:33

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“Ci adegueremo all’obbligo di quarantena”, spiega Simona, che tuttavia solleva la questione dei differenti approcci che ogni Governo ha nel considerare un Paese come a rischio contagio: in Spagna con la coppia si trovano in fatti dei loro familiari che vivono in Francia e loro, una volta rientrati a casa, non dovranno sottostare a nessun tipo di isolamento, in quanto Parigi non ha messo la Spagna su una “lista rossa”.

L’intervista all’epidemiologo:

Discrepanze fra paesi sono frequenti: la Spagna, come detto, è considerata dalla Svizzera come un Paese a rischio, ma non dalla Francia; per la Slovenia invece la Svizzera è uno Stato a rischio infezioni, mentre per tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea non lo è. Su quali basi vengono dunque allestite queste liste? E come mai le valutazioni dei vari paesi possono divergere tanto? Lo abbiamo chiesto all’epidemiologo basilese Marcel Tanner, presidente dell'Accademia svizzera delle arti e delle scienze e membro del gruppo di lavoro sul Covid-19 allestito dalla Confederazione; lui stesso collabora all’allestimento dell’elenco degli Stati che Berna considera a rischio:

“C'è la famosa soglia epidemiologica dei 60 casi di contagio su 100’000 abitanti che viene riconosciuta da tutti come criterio fondamentale. Ed è in base a questa che vengono valutati i Paesi. Ma la confusione deriva dal fatto che il margine di interpretazione è ampio e non c'è coordinazione tra i vari Paesi. Una spiegazione razionale delle divergenze in queste valutazioni non c'è. Constato solo che ogni Paese fa per sé anche nella ponderazione di un altro criterio, oltre ai 60 casi su 100’000 abitanti: quello del numero di test effettuati. I Paesi che fanno molti test hanno anche più casi; quelli che ne fanno pochi ne hanno pochi, ma che peso dare a questo criterio è una scelta dei singoli Stati. Anche a livello europeo non c'è armonizzazione perché la sanità è affare degli Stati membri. È per questo che c'è questa confusione”

E in Svizzera, come viene allestito l'elenco degli Stati con rischio elevato di contagio?

“L'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) può decidere di aggiungere un paese all'elenco, ed è quello che è accaduto con la Spagna continentale. Noi del gruppo di lavoro sul Covid-19 forniamo i dati epidemiologici (si possono consultare sulla nostra pagina internet) e suddividiamo i paesi in zone verdi, rosse, arancioni e grigie. Queste sono le nostre raccomandazioni, ma la decisione finale spetta all'UFSP”.

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Che peso date alla frequenza dei test condotti in un paese?

“È importante nella nostra valutazione dei rischi. Molti Paesi africani, per esempio, figurano nella lista grigia: ci sono pochi casi, ma non abbiamo informazioni su quanti test vengono effettuati. E dunque vengono considerati come se fossero rossi, quindi ad alto rischio. L’UFSP, tuttavia, non li ha messi sulla lista: ha messo solo il Sudafrica. Questo perché c'è un altro criterio: il numero di persone che vengono e vanno da questi paesi. Poi c'è il Lussemburgo, che è anche sulla lista Svizzera. Ma occorre ricordare che lì si conducono molti test...e quindi si trovano molti casi”.

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