Il tema della riesportazione delle armi svizzere, nel caso specifico verso l’Ucraina, continua a far discutere sotto la cupola di Palazzo federale ma per il momento nulla cambia concretamente: la legge non verrà allentata ma il Nazionale oggi, mercoledì, ha fatto pressione sul Consiglio federale, adottando di misura la prima parte di una mozione.
Per la Camera del Popolo, la riesportazione di materiale bellico deve essere possibile solo se il Consiglio di sicurezza dell’ONU dichiara in una risoluzione una violazione del divieto dell'uso della forza ai sensi del diritto internazionale. La decisione è stata presa per 98 voti a 96 e 2 astensioni. “Questo, tuttavia, è già possibile”, ha dichiarato in aula il ministro dell’economia Guy Parmelin.
I deputati hanno respinto la seconda parte dell’atto parlamentare – 117 voti a 98 – che chiedeva di consentire al Governo di revocare il divieto di riesportazione anche nel caso in cui l'Assemblea generale delle Nazioni Unite avesse riscontrato, con una maggioranza di due terzi, una violazione del divieto internazionale sull'uso della forza.
Nessun sostanziale cambiamento in atto, quindi, rispetto alla prassi restrittiva che vieta la riesportazione, nonostante la Confederazione si trovi sotto pressione affinché acconsenta ai paesi che hanno comprato armamenti svizzeri di inviarli a Kiev. Il tema è ormai nelle mani del Parlamento che si mostra tuttavia diviso in ragione della neutralità elvetica.
Un gesto simbolico
Il primo "sì" a un aspetto particolare della mozione, sebbene risicato, rappresenta soprattutto un atto simbolico di sostegno all'Ucraina nella guerra che l'oppone alla Russia. Diversi oratori hanno infatti ricordato il diritto di veto di cui dispongono i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, ossia Stati Uniti, Cina, Gran Bretagna, Francia e la stessa Russia: è chiaro che quest'ultima opporrebbe il proprio veto qualora una simile risoluzione venisse presentata.
Consiglio degli Stati, la riesportazione di armi
Telegiornale 06.03.2023, 20:00