All’indomani dell’elezione del Consiglio federale, sembra essersi indebolito il consenso su una delle regole non scritte di questa procedura: il rispetto dei cosiddetti ticket. Vale a dire, ci sono sempre più dubbi che in futuro il Parlamento debba scegliere tra i candidati ufficiali presentati da un partito. Quali sono gli argomenti per un cambio, e quali invece per il mantenimento della prassi? Vediamo.
“Un malcontento che forse avrà delle conseguenze”
Il malcontento è palpabile, e forse avrà delle conseguenze, sostiene anche il presidente del Centro Gerhard Pfister, che alla RSI spiega: “Siamo forse all’inizio di un cambiamento di una tradizione che dura ormai da oltre 16 anni”
I partiti borghesi, lo ricordiamo, non hanno gradito la possibilità di scelta tra i due profili ufficiali proposti dal Partito socialista per la successione di Alain Berset: profili ritenuti troppo simili.
Alla fine, è stato eletto uno dei due, Beat Jans, ma l’altro - Jon Pult - ha ottenuto meno voti di Daniel Jositsch, anche lui socialista, ma che non era sul ticket. In aula, la capogruppo del PS Samira Marti ha lanciato invano un appello a rispettare le candidature ufficiali. Non è una regola scritta nella Costituzione, ha ammesso, ma è una prassi informale, che si è stabilita negli anni, e per dei buoni motivi: crea stabilità e fiducia, in un Governo che coinvolgendo tutti i maggiori partiti si basa sulla collaborazione.
Finora la prassi è stata infranta solo una volta
Da quando esiste, cioè dagli anni 90, la prassi del ticket, è stata infranta solo una volta, nel 2000, quando il Parlamento scartò i due profili proposti dall’UDC ed elesse Samuel Schmid, poi chiamato un “mezzo consigliere federale-UDC” proprio dal suo partito. E proprio l’UDC inasprì la prassi nel 2008, dopo l’estromissione di Christoph Blocher dal Governo, introducendo nei suoi statuti la regola che chi accetta l’elezione contro la volontà del partito può esserne escluso. Come capitò poi a Eveline Widmer-Schlumpf.
Chiesa: se si profili diversi allora il ticket ha un senso, altrimenti no
Oggi l’UDC smussa la rigidità della regola. Il presidente Marco Chiesa ai microfoni del Radiogiornale spiega: “Se all’Assemblea federale si offrono delle opportunità, con dei candidati forti e magari dei profili diversi, ed è stato il caso dell’UDC, a mio modo di vedere la soluzione del ticker può continuare a esistere, ma se invece si tratta solo di una formula per escludere candidati che avrebbero il sostegno dell’Assemblea, allora non funziona più”
Anche solo la discussione sul rispetto delle candidature ufficiali potrebbe quindi avere un effetto indiretto, cioè spingere i partiti a proporre in futuro candidati diversi. Ad esempio, uno più ortodosso sulla linea del partito, e uno più moderato... ma che a questo punto avrà più probabilità di essere eletto.
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