I salari minimi cantonali dovrebbero essere applicati anche ai cosiddetti lavoratori distaccati, ossia ai dipendenti di ditte straniere che lavorano in Svizzera. Dopo il “no” degli Stati, oggi, martedì, il Consiglio Nazionale è invece entrato in materia su un disegno di legge frutto di una mozione dell’ex consigliere agli Stati ticinese Fabio Abate. La decisone è stata presa con 104 voti contro 86 e 4 astenuti.
L'oggetto torna ora al Consiglio degli Stati. Qualora dovesse confermare la non entrata in materia, il progetto verrebbe definitivamente affossato.
La difesa ticinese
Per difendere l’estensione del salario minimo, in aula hanno preso la parola diversi parlamentari ticinesi. “Non si tratta di decidere se i salari minimi siano una cosa positiva o negativa; 23 cantoni si sono mostrati favorevoli al progetto la cui attuazione permetterebbe di garantire la certezza del diritto e la tutela dei lavoratori svizzeri”, ha dichiarato il popolare democratico Fabio Regazzi, sottolineando che le aziende dell’UE sono avvantaggiate, facendo l’esempio di una ditta italiana che potrebbe offrire servizi in Ticino a prezzi più bassi in quanto il salario lombardo è molto minore rispetto a quello minimo ticinese. “Come possono i fautori di una concorrenza libera e equa respingere questo progetto che mira proprio a evitare una distorsione della concorrenza?", si è invece chiesta l’ecologista Greta Gysin.
I contrari: “Problemi che devono risolvere i cantoni”
Petra Gössi (PLR/SZ) - a nome della maggioranza della commissione contraria alla revisione legislativa - ha tuttavia evocato un problema d'applicazione della legge proposta: le disposizioni sui salari minimi non sono uguali nei cantoni che le hanno introdotte. Non è dunque opportuno legiferare a livello nazionale, anche poiché i Cantoni possono risolvere da soli il problema.
"I problemi del canton Ticino li deve risolvere il Canton Ticino, così come ha fatto il Giura", ha aggiunto Thomas Burgherr (UDC/AG). Al confine con l'Italia servono soluzioni diverse rispetto a quelle necessarie a Ginevra, ha aggiunto l'argoviese esponendo la sua contrarietà nell'introdurre una soluzione a livello nazionale quando è possibile trovarne a livello locale.
Gössi ha poi anche sostenuto che la fissazione di salari minimi cantonali è una misura di politica sociale la cui attuazione spetta ai Cantoni, mentre la Legge federale sui distaccati (LDist) rientra nell'ambito della politica economica, di competenza della Confederazione. Burgherr ha anche detto di non volere "più Stato" nel settore. La proposta metterebbe a repentaglio il partenariato sociale, ha aggiunto Jürg Grossen (PVL/BE).
La mozione
Con la sua mozione, Abate avrebbe voluto iscrivere nella Legge federale sui distaccati (LDist) il rispetto del salario minimo laddove esiste. Alla base dell'atto parlamentare inoltrato nel 2018 e approvato dai due rami del Parlamento, c'era l'introduzione, nei cantoni di Neuchâtel, Giura e Ticino (a cui si sono aggiunti nel frattempo Ginevra e Basilea Città), di leggi sul salario minimo per contrastare il dumping sociale e salariale. La revisione della legge prevede la possibilità di imporre ai datori di lavoro esteri che inviano i propri dipendenti in Svizzera anche il rispetto delle condizioni salariali minime prescritte a livello cantonale. Questo aspetto non è al momento regolato nella LDist. Per rispettare le norme salariali, le aziende e i relativi lavoratori dislocati dovrebbero rientrare nel campo d'applicazione delle leggi cantonali in materia. Il rispetto delle disposizioni sarebbe controllato dai Cantoni in base al diritto cantonale.