La Segreteria di Stato della migrazione lunedì ha deciso di sospendere le procedure e le decisioni in materia di asilo per i siriani. Una presa di posizione annunciata dopo la caduta del regime di Bashar al Assad. Un nuovo capitolo politico si apre in Siria, ma le incognite sono ancora molte. SEIDISERA, per fare un po’ di chiarezza sul tema, ha interpellato Eduard Gnesa, uno dei maggiori conoscitori della politica migratoria svizzera, ex direttore dell’ufficio federale della migrazione e già ambasciatore svizzero per la collaborazione internazionale in materia di migrazione presso il Dipartimento affari esteri. Oggi è consulente presso l’agenzia privata Migration Experts Group.
Come accogliere la sospensione decisa dalla Segreteria di Stato della migrazione?
“Mi sembra una decisione ragionevole. Ci vorrà qualche settimana per capire quali sono ora le persecuzioni e i motivi di fuga. Certo la sospensione delle decisioni non potrà durare vari mesi o un anno, perché chi fugge ha il diritto di ricevere una decisione, negativa, o positiva. Ma al momento è giusto attendere”.
Eduard Gnesa
Che idea s’è fatto di quanto sta succedendo in Siria, com’è la situazione dal punto di vista dei movimenti migratori?
“Resta molto tesa. Sette milioni di siriani sono rifugiati nei paesi più vicini, e molti di loro vogliono tornare in patria, soprattutto se hanno ancora delle proprietà. Ma in vaste zone le infrastrutture sono distrutte, quindi è illusorio pensare che tutti possano tornare in tempi brevi. Poi resta da vedere come si comporteranno i ribelli con le minoranze religiose ed etniche. E non dimentichiamo che fino a pochi giorni fa i siriani rappresentavano il maggior gruppo di richiedenti l’asilo a livello europeo. Continuavano ad arrivare attraverso i Balcani, e sulle isole greche la metà dei nuovi arrivi giungeva dalla Siria. Dubito fortemente che già ora vogliano ritornare indietro”.
Nella migliore delle ipotesi la Siria diventa ora un paese stabile e che garantisce tutte le libertà individuali. In questo caso, cosa ci si può aspettare sui rimpatri dei rifugiati in Svizzera? Cosa può fare e pretendere la Confederazione?
“In quel caso Governo e politica dovrebbero fare di tutto per favorire il ritorno volontario. Dei 20’000 cittadini siriani residenti in Svizzera, quasi la metà sono accolti provvisoriamente. Per loro scadrebbe il diritto di protezione... ma ogni caso va valutato individualmente. Andrà poi sostenuta a livello europeo la ricostruzione in Siria, con progetti di reintegrazione. Perché bisogna puntare su rientri volontari, senza arrivare a rimpatri forzati”.
Comunque, per ogni rifugiato ci vorrà una valutazione individuale...
“Esatto, questa è la differenza rispetto allo statuto S, garantito collettivamente agli ucraini. In caso di pace duratura in Ucraina, scadrebbe di colpo per tutti. Per gli altri rifugiati invece, come i siriani, ogni decisione è individuale e va valutata dalla Segreteria di stato della migrazione”.
Per finire: qual è il suo consiglio al Governo svizzero per le prossimi decisioni da prendere?
“Come detto bisogna capire cosa sta succedendo: che Governo si instaurerà in Siria, che diritti avranno i curdi, se tutte le regioni sono davvero pacificate. Poi bisogna coordinarsi con l’Unione Europea, perché come visto in passato sulle questioni migratorie siamo colpiti in modo analogo. Sconsiglio di cominciare troppo presto con i rimpatri, perché c’è il rischio che queste persone si rimettano in cammino verso i Balcani e i paesi europei... e ciò non è nell’interesse di nessuno”.